Vejano
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Vejano, in provincia di Viterbo, si trova in un territorio poco conosciuto, ma ricco di innumerevoli testimonianze del passato, con notevoli potenzialità turistiche di tipo naturalistico, storico, archeologico ed alimentare. Segni di un lontanissimo passato sono i siti neolitici di Ischia, di Alteto, quello etrusco/romano di Fontiloro, nei pressi di un diverticolo della Via Clodia, sino all’imponente Borgo di tufo con le sue vestigia medievali. La nascita del villaggio si data intorno all’anno Mille, è sempre stato chiamato Viano sino al 1872, quando, a seguito dell’Unità d’Italia, fu modificato in Vejano. La famiglia dei nobili Santacroce è quella che più ha inciso sulla storia del paese, rendendo Viano un piccolo ma solido ed ambito feudo. Essi poterono contare sul favore degli Orsini, che nel 1493 gli donarono Viano, Ischia di Castro e Rota. Onofrio I fu il primo vero Signore della contea: nel 1518 ricostruì la Rocca del borgo distrutta dalle truppe dei Borgia, e fece costruire la cappella Santacroce, probabilmente opera del Sangallo. Rilevante l’opera del fratello Giorgio II, che fece compilare nel 1571 gli Statuti del paese. Suo figlio Onofrio II, infine, fu condannato a morte per matricidio mediante decapitazione a Castel Sant’Angelo nel 1604, e la Reverenda Camera Apostolica confiscò agli eredi tutti i beni di famiglia. Anche le famiglie Orsini e Altieri ne hanno avuto il possesso, ed attualmente il castello è proprietà della famiglia di Napoli Rampolla.
A Vejano negli anni Cinquanta ogni centimetro di terra era coltivato, l’economia era quasi totalmente agricola. In quegli anni il raccolto di grano in una stagione arrivava anche a 4000 quintali, tanto da far diventare Vejano “il granaio della Bassa Tuscia”. Di conseguenza, a Vejano esisteva molta panificazione, mulini per la macinazione e ben otto forni per la produzione di pane e pizze. Il tipo di pizza detta a “fiamma” è fatto con lievito madre sempre rinnovato. Poiché il fuoco, acceso con fascine di legna, rendeva il forno a legna troppo caldo, per testare l’intensità del calore si metteva sulla pietra refrattaria questo impasto di pane che miracolosamente cresceva, divenendo spugnoso, alto, gonfio, leggero, da mangiarsi con cicoria di campo ripassata, ricotta, salciccia oppure senza companatico. La “Pizza a Fiamma” ha avuto il riconoscimento di prodotto tipico da parte dell’Arsial, inserito nell’Elenco Nazionale Prodotti Agroalimentari Tradizionali, e l’Associazione Veiano.it. ne cura la diffusione e la conservazione come memoria ed eccellenza enogastronomica. Grazie a questa iniziativa, in breve sono stati riconosciuti anche altri due prodotti, i Maccheroni con le noci e il Ceciarello, anch’essi annoverati come prodotti tipici di Vejano. I ‘Ceciarelli’ rappresentano la versione paesana della più comune pasta e fagioli. Il nome deriva dalla forma: impastati con acqua e farina di grano duro, e lavorati come piccoli ceci, sono poi bolliti nel brodo di fagioli. La Pro-Loco di Vejano promuove da molti anni la Sagra del Ceciarello, e negli anni passati il prodotto è anche stato presentato su RaiUno. Infine, il dolce della Vigilia di Natale a Vejano sono i “Maccheroni con le noci”: il nome non tragga in inganno, si tratta infatti di una pasta fatta a mano con acqua e farina dura e tagliata in forma simile a tagliatella larga, condita con frutta secca, zucchero e noci. Nel dopoguerra, nel periodo del benessere economico, fu aggiunto anche il cacao amaro in polvere.
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