Barbara Alicja Jereczek-Fossa
Prima la sicurezza. L’indagine dell’AIRO sulla radioterapia oncologica durante la pandemia
L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad essere colpito dalla pandemia di COVID-19, e i sistemi sanitari hanno dovuto riorganizzare immediatamente l’attività. Tale riorganizzazione ha coinvolto tutti i reparti ospedalieri, inclusi quelli di radioterapia. La radioterapia riveste un ruolo fondamentale tra le cure oncologiche, essendo indicata in circa la metà dei pazienti affetti da una qualche forma di neoplasia, e rappresenta un trattamento salvavita che spesso non può essere rimandato o interrotto. Posto che la continuazione del trattamento radioterapico può rappresentare un rischio concreto di infezione per pazienti e operatori, le radioterapie italiane hanno saputo gestire in maniera esemplare il compromesso tra necessità di cura e rischio di infezione. È questo quanto è emerso da un’indagine promossa dall’Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia Clinica (AIRO) e coordinata dalla Prof.ssa Barbara Jereczek, Direttrice della Divisione di Radioterapia dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, Professoressa dell’Università degli Studi di Milano e Coordinatrice della Commissione Scientifica dell’AIRO e dal Dr. Vittorio Donato Presidente dell’AIRO e Direttore del Dipartimento di Oncologia e Medicina Specialistica dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma.
Lo studio, rivolto a tutti i direttori dei dipartimenti di radioterapia in Italia, è stato condotto nel pieno della prima ondata pandemica in Italia (aprile 2020). Dall’indagine, alla quale hanno risposto 125 direttori membri dell’AIRO, è emerso che, nonostante l’entità della pandemia, i volumi di attività clinica si sono solo parzialmente ridotti, con 9 centri su 10 che non hanno sperimentato alcuna riduzione o un calo inferiore al 30%. Tale merito è attribuibile in parte all’adozione diffusa di trattamenti ipofrazionati (92 centri, 74%), che prevedono meno sedute radioterapiche ma un’analoga efficacia terapeutica. Al contrario, le attività ambulatoriali hanno subito una forte riduzione, con oltre il 90% dei centri che ha cancellato le visite di follow up non urgenti. Ciononostante, molti centri (78, 62%) sono riusciti a mantenere un livello elevato di continuità assistenziale organizzando visite telematiche. Nell’ottica di limitare il più possibile l’accesso di pazienti positivi o sospetti per infezione in reparto, tutti gli ospedali hanno anche attivato procedure di triage a diversi livelli: telefonicamente prima dell’arrivo in struttura (61, 49%), all’ingresso dell’ospedale (68, 54%) ovvero all’ingresso del reparto (94, 75%).
Al fine di contenere ulteriormente il contagio tra i pazienti, sono state attuate in maniera estensiva le misure di distanziamento interpersonale, di adozione di dispositivi di protezione e di sanificazione dei locali. La gestione di pazienti positivi asintomatici con elevata priorità oncologica ha diviso i pareri dei radioterapisti italiani sulla sospensione o meno del trattamento.
Per quanto riguarda la gestione del personale, le strutture di radioterapia in Italia hanno generalmente fornito ai dipendenti adeguati dispositivi di protezione individuale, e hanno limitato il sovraffollamento dei luoghi di lavoro mediante turnazione (64, 51%) e telelavoro (61, 49%). Lo studio ha rivelato che le misure sopracitate, adottate per il contenimento del contagio, sono risultate efficaci sia tra gli operatori sanitari, con 69 centri (55%) che non hanno registrato nessuna assenza per quarantena tra il personale nel primo mese della pandemia, che tra i pazienti, dato che 79 centri (63%) non hanno segnalato alcun caso positivo. La gestione ordinata dell’emergenza ha avuto successo anche grazie al recepimento di linee guida nazionali ed internazionali.
In Italia, infatti, pochi giorni dopo l’arrivo della pandemia, l’AIRO ha provveduto a redigere un documento di indirizzo contenente istruzioni operative per gli oncologi radioterapisti su come affrontare l’emergenza. Tale documento è stato costantemente aggiornato non solo sulla base delle nuove evidenze scientifiche ma anche alla luce della dinamicità dei provvedimenti del Governo italiano in materia. In sostanza, lo studio dimostra che le radioterapie italiane, sostenute dall’AIRO, hanno saputo fronteggiare in modo rapido ed efficace la grave emergenza durante la prima ondata pandemica da COVID-19. In particolare, esse sono riuscite a proteggere in maniera adeguata i dipendenti e a garantire continuità assistenziale ai pazienti, individuando, caso per caso, il miglior compromesso tra il rischio di infezione virale con quello di progressione oncologica. Tutto ciò grazie alla riorganizzazione delle liste d’attesa in relazione al grado di priorità ai trattamenti, all’implementazione di strategie terapeutiche innovative, alla messa in opera di adeguate procedure di prevenzione, nonché all’uso opportuno delle tecnologie dell’informazione per teleconsulti e telelavoro. Per approfondimenti, è possibile consultare l’articolo pubblicato su Radiotherapy and Oncology.