Giovanni Grasso
L’eritropoietina come target innovativo per la cura dei tumori cerebrali
Grazie ai progressi della biologia molecolare, in questi ultimi anni, il trattamento delle neoplasie maligne cerebrali si è notevolmente evoluto.
Numerose linee di ricerca hanno cercato di fare luce principalmente su fasi specifiche della patogenesi con possibili risvolti terapeutici. Allo stato attuale, nonostante l’uso di più terapie in combinazione, come chirurgia, radioterapia e/o chemioterapia, la sopravvivenza dei pazienti con glioma ad alto grado è rimasta bassa.
Il glioblastoma multiforme (GBM), la forma di glioma a più alto grado di malignità, ha proprietà biologiche esplosive con rapida progressione clinica.
Basti pensare, infatti, che la sopravvivenza media, dopo la diagnosi iniziale, è di sole 50 settimane e che meno del 2% dei pazienti sopravvivrà 3 anni dopo la diagnosi. Si ritiene che le caratteristiche distintive del GBM, quali necrosi e neoformazione vascolare (neoangiogenesi), siano strumentali alla sua crescita accelerata.
La neoangiogenesi scaturisce in risposta alla liberazione di particolari sostanze secrete dopo stimoli ipossici e consente la progressiva espansione neoplastica. Tra i molti geni regolatori l’ipossia, l’eritropoietina (EPO) è stata, di recente oggetto di studio.
In questi ultimi anni l’eritropoietina (EPO), ormone glicoproteico prodotto dal rene e ben noto come regolatore della produzione di globuli rossi (eritropoiesi), è stata di recente oggetto di numerosi studi per la scoperta di azioni che travalicano l’eritropoiesi. L’EPO, agisce legandosi al suo recettore (EPOR) attivando numerosi meccanismi intracellulari di signaling (Jak, STAT, Ras) che determinano la definitiva maturazione dei globuli rossi anche e soprattutto attraverso l’inibizione dell’apoptosi (morte programmata).
Con lo stesso meccanismo e agendo attraverso altre vie, il nostro gruppo di ricerca ha dimostrato che l’EPO esercita numerose azioni neuroprotettive, promuovendo la sopravvivenza dei neuroni in corso di ischemia e di emorragia cerebrale, modulando la risposta infiammatoria, stimolando il reclutamento di cellule staminali.
Recenti evenienze hanno suggerito che l’aumento della resistenza all’ipossia e la diminuzione dell’apoptosi siano meccanismi importanti per la progressione del tumore, incluso il glioma.
Studi clinici randomizzati sui tumori della mammella, del polmone e testa-collo hanno dimostrato che il trattamento con EPO ha influito negativamente sulla sopravvivenza globale dei pazienti e sul controllo locale del tumore. Due grossi studi clinici sono stati interrotti precocemente a causa dell’inaspettata maggiore mortalità nei pazienti trattati con EPO. Pertanto, i noti effetti angiogenici dell’EPO e il suo potenziale intrinseco di stimolare la crescita e/o l’invasione delle cellule tumorali hanno portato ad una cauta rivalutazione dell’uso sistematico dell’EPO.
Inoltre, la conoscenza che l’EPO potrebbe agire legandosi al suo recettore per contribuire alla crescita delle cellule di glioma attraverso meccanismi autocrini e paracrini è stata confermata da un numero crescente di studi.
Alla luce di quanto esposto, nella nostra ricerca abbiamo voluto studiato l’espressione di EPO ed EPOR nel glioma umano e l’effetto della sua somministrazione in un modello sperimentale di glioma su ratto.
Utilizzando tecniche di biologia molecolare ed analisi immunoistochimiche, abbiamo esaminato l’espressione di EPO, EPOR, quello della molecola di adesione delle cellule endoteliali piastriniche (PECAM) ed il Ki-67 (indice di crescita tumore) in campioni di glioma umano e glioma indotto sperimentalmente su ratti. Nello studio sperimentale animale, una dose giornaliera di EPO umana ricombinante (rHuEPO) o soluzione salina è stata somministrata per 21 giorni a ratti sottoposti a trapianto di linee cellulari di glioma (9L glioma).
In entrambi i campioni umani e animali, abbiamo riscontrato un aumento dell’espressione EPOR con la crescente malignità del tumore.
È stata trovata una correlazione diretta significativa tra l’espressione di EPOR e Ki-67 e di EPOR e PECAM nei gliomi di basso e alto grado. I ratti trattati con rHuEPO hanno presentato una diffusione del tumore significativamente maggiore rispetto ai ratti trattati con soluzione salina.
I risultati del nostro studio hanno dimostrato che il complesso EPO/EPOR svolge un ruolo significativo nel comportamento aggressivo dei gliomi di alto grado aprendo nuovi scenari sotto il profilo terapeutico.