Roberta Magnano San Lio
L’impatto dei fattori sociodemografici sull’allattamento
L’allattamento al seno costituisce una tra le strategie più efficaci per garantire la salute dei neonati ed il loro corretto sviluppo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha divulgato specifiche linee guida per l’allattamento al seno, secondo le quali le madri dovrebbero iniziare l’allattamento entro un’ora dalla nascita, allattare esclusivamente per i primi sei mesi di vita e continuare con l’allattamento complementare fino ai due anni di età. L’allattamento al seno promuove una corretta crescita dei bambini e, allo stesso tempo, protegge le madri contro depressione postpartum, cancro alle ovaie e al seno, malattie cardiache e diabete di tipo 2.
Tuttavia, circa 7.6 milioni di bambini ogni anno non vengono allattati al seno, mentre due bambini su tre non vengono allattati esclusivamente per i sei mesi raccomandati. Per questo motivo, è di primaria importanza sviluppare strategie di sanità pubblica volte alla promozione della pratica dell’allattamento al seno tra le donne, con l’obiettivo di implementare la loro consapevolezza sulle raccomandazioni da seguire. Per identificare le madri che potrebbero beneficiare di tali interventi, tuttavia, è necessario comprendere quali caratteristiche materne potrebbero essere associate all’adesione alle linee guida esistenti. In effetti, l’allattamento al seno potrebbe essere influenzato da fattori psicologici e fisiologici che, a loro volta, sono legati ad un ampio spettro di circostanze ambientali, socioeconomiche e culturali. Una revisione di sedici studi italiani sull’allattamento al seno ha descritto uno scenario impreciso sulla prevalenza e sulla durata dell’allattamento al seno in Italia.
Per esplorare ulteriormente questo problema in Italia, il gruppo di lavoro coordinato dalla Prof.ssa Antonella Agodi – Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Tecnologie Avanzate “GF Ingrassia” – con il presente contributo si è proposto di descrivere la prevalenza dell’allattamento al seno e l’aderenza alle raccomandazioni, nonché di valutare successivamente i fattori materni associati alla pratica dell’allattamento al seno. Pertanto, lo studio ha reclutato 220 donne, di età compresa tra i 15 e i 45 anni, della coorte prospettica “Mamma & Bambino”, che arruola donne in gravidanza afferenti presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Rodolico-San Marco” durante la consulenza ostetrica prenatale. Al momento del reclutamento, le informazioni su alcuni fattori sociodemografici, livello di istruzione ed occupazione, e comportamentali sono state raccolte mediante un questionario strutturato. Le informazioni sulle abitudini alimentari sono state raccolte utilizzando un questionario semiquantitativo sulla frequenza degli alimenti – Food Frequency Questionnaire, FFQ. Inoltre, i dati relativi all’allattamento al seno sono stati raccolti durante le interviste telefoniche di follow-up ad uno e due anni del bambino. Complessivamente, circa l’83% delle donne ha dichiarato di aver allattato al seno. In particolare, l’8% di loro ha iniziato l’allattamento al seno entro un’ora dalla nascita, di cui il 65.9% ha allattato esclusivamente al seno per i primi sei mesi. Tuttavia, solo il 7.7% delle donne che hanno allattato al seno ha continuato fino ai due anni di età del bambino.
Nella popolazione generale, la percentuale di donne che ha allattato al seno aumenta all’aumentare del livello di istruzione, dimostrando che un medio ed un alto livello di istruzione sono associati positivamente all’allattamento al seno rispetto ad un basso livello di istruzione. Tra le donne che hanno allattato, invece, la proporzione di donne aderenti alla raccomandazione dell’OMS è maggiore tra quelle con un livello di istruzione medio-alto e tra le donne lavoratrici.
In particolare, il lavoro a tempo pieno ed un livello di istruzione medio sono positivamente associati all’allattamento esclusivo al seno per i primi sei mesi. Questi risultati potrebbero essere spiegati dagli effetti positivi che l’istruzione ha sulla conoscenza dei benefici dell’allattamento al seno. Inoltre, per quanto riguarda la condizione lavorativa, è importante considerare l’impatto positivo del congedo parentale italiano, che consente alle donne occupate a tempo pieno e a tempo parziale di continuare l’allattamento esclusivo al seno per il periodo raccomandato. In questo contesto, pertanto, i programmi di allattamento al seno dovrebbero essere implementati, con interventi specifici su misura per le madri meno istruite. In particolare, i fattori sociodemografici dovrebbero essere considerati attraverso interventi mirati sulle madri che sono a rischio di interrompere l’allattamento al seno prima del tempo raccomandato. In conclusione, lo sviluppo di nuove strategie di
sanità pubblica è necessario per migliorare la conoscenza materna sui benefici che la pratica dell’allattamento ha sulla salute materno-infantile.