Giuseppe Palma
Terapie farmacologiche innovative nella lotta al COVID-19
Dal 30 gennaio 2020, quando l’OMS ha dichiarato il COVID-19 come emergenza sanitaria pubblica internazionale la preoccupazione e l’attenzione del mondo, soprattutto in termini di ricerca clinica, è stata fortemente indirizzata alla migliore comprensione dei meccanismi di SARS-CoV-2 e delle patologie ad esso correlate.
Il nuovo coronavirus usa il recettore ACE2 per entrare nelle cellule ospiti e colpisce principalmente le vie respiratorie. SARSCoV-2 mostra un’elevata trasmissione da uomo a uomo, ei suoi sintomi clinici includono febbre, tosse, affaticamento e, raramente, infezione gastrointestinale.
Il COVID-19 determina un aumento generale dell’infiammazione citochine, come IL-1d e IL-6, e un tasso di mortalità di 7,5%. SARS-CoV-2 può interessare sia la parte superiore che quella inferiore delle vie respiratorie, causando seri problemi respiratori.
Il legame di SARS-CoV-2 al recettore Toll Like (TLR), provoca il rilascio di citochine che a sua volta media l’insorgenza dell’infiammazione polmonare.
In Italia, il Prof. Ascierto ha testato uno specifico farmaco, ossia il Tocilizumab, in pazienti COVID-19 ottenendo risultati incoraggianti.
Il Tocilizumab, è un anticorpo monoclonale capace di inibire IL-6, ha portato a un netto miglioramento della salute nei pazienti affetti da COVID-19, anche se non tutti i pazienti erano sensibili a questo trattamento. Sulla base di queste evidenze scientifiche, la nostra ipotesi è che i pazienti non sensibili al Tocilizumab, perché in uno stato della malattia con una maggiore progressione e con un infiammazione sistemica più aggressiva, richiedono altri trattamenti in grado di agire selettivamente sulle cascate infiammatorie.
Anche se la terapia antivirale rimane pur sempre una cura valida, quando COVID-19 si presenta con l’ormai nota tempesta citochinica, gli antivirali non sono più sufficienti e devono essere combinati con un adeguato antinfiammatorio.
Attualmente sono state utilizzate molte terapie antinfiammatorie per contrastare la tempesta di citochine derivante da COVID-19.
I Glucocorticoidi, clorochina/idrossiclorochina, immunosoppressori, farmaci antinfiammatori non steroidei, antagonisti delle citochine e immunoglobuline per via endovenosa stanno emergendo come strumenti promettenti. L’ Idelalisib potrebbe avere un potenziale ruolo chiave nella soppressione dell’intera cascata infiammatoria e prevenendo il rilascio di altri mediatori infiammatori.
L’inibizione della via PI3Kd potrebbe ridurre l’incidenza di infiltrazione di macrofagi e migliorare la prognosi. Insieme all’inibitore Idelalisib la celebre Ebastine potrebbe essere un eccellente approccio farmacologico all’inibizione delle citochine pro-infiammatorie dei linfociti, come dimostrato nelle malattie allergiche.
Ebastine può determinare un miglioramento della respirazione del paziente sintomi polmonari da COVID-19. L’equilibrio tra i vantaggi e i limiti di questi trattamenti è ancora in discussione, in particolare per quanto riguarda la scelta dei pazienti idonei, dei farmaci appropriati, del inizio e durata del trattamento. Come indicano alcune evidenze cliniche, i farmaci antinfiammatori possono aumentare il rischio di malattie secondarie, possono agire in modo troppo specifico su pochi bersagli infiammatori e può talvolta bloccare altre vie modulatrici critiche.
Diversi studi hanno dimostrato che le vie PI3K sono vie antinfiammatorie chiave e bersaglio per molte malattie polmonari.
Però, nel contesto di COVID-19, è possibile ipotizzare che l’inibizione di PI3Kd può riflettere lo stesso dilemma che esiste ancora per altri farmaci antinfiammatori e che, per questo motivo, la sua l’idoneità terapeutica dovrebbe essere discussa, tenendo conto delle caratteristiche patologiche di ogni singolo paziente. In conclusione, tenendo conto delle evidenze scientifiche sulle vie infiammatorie coinvolte nel COVID-19, suggeriamo un potenziale approccio terapeutico con Idelalisb da solo o in combinazione con Ebastina in pazienti affetti da COVID-19, al fine di alleviare il danno polmonare, frequentemente fatale, in questa malattia.