Riccardo Pofi
La storia naturale della cardiomiopatia diabetica
Le complicanze cardiovascolari rappresentano le principali cause di mortalità nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 (T2DM). Il Framingham Study ha dimostrato un aumento da 2 a 5 volte dello scompenso cardiaco nei soggetti con T2DM, anche correggendo per i fattori di rischio più comuni, confermando l’esistenza di una specifica malattia cardiaca del paziente diabetico: la cardiomiopatia diabetica(CMD). Questa rappresenta l’insieme delle alterazioni che insorgono nel cuore del paziente con T2DM in assenza di altre malattie cardiovascolari (ipertensione arteriosa, ischemia miocardica, valvulopatie). Nel precedente studio CECSID, abbiamo dimostrato che la risonanza magnetica cardiaca(CMR) è in grado di identificare le fasi precoci della CMD, caratterizzate da: ipertrofia ventricolare sinistra; ridotto accorciamento delle fibre cardiache(strain); angolo di torsione cardiaca aumentato come meccanismo di compenso. Nonostante la crescente consapevolezza del rischio cardiaco nei pazienti con CMD, non ci sono studi che ne descrivano l’evoluzione verso lo scompenso, identificando i meccanismi molecolari coinvolti. Le linee guida raccomandano il controllo dei fattori di rischio, ma i dati in letteratura suggeriscono che questa strategia non riesce ad arrestare/invertire la progressione della CMD, ad oggi orfana di un trattamento specifico. Al fine di descrivere la storia naturale della CMD e identificare possibili marcatori di malattia, abbiamo disegnato uno studio longitudinale, monitorando annualmente i pazienti dello studio CECSID e ripetendo la CMR a distanza di 5 anni.
Nonostante un controllo metabolico stabile, il 5% dei pazienti ha manifestato sindrome coronarica acuta durante il follow-up e l’8% ha mostrato lesioni ischemiche cardiache asintomatiche alla CMR di controllo. Riguardo a le alterazioni morfologiche, abbiamo misurato una progressione del rimodellamento cardiaco testimoniato da un’ulteriore aumento della massa e del volume ventricolare sinistro. La cinetica cardiaca è cambiata di conseguenza: la torsione, già aumentata alla diagnosi, ha raggiunto un plateau, non riuscendo più a compensare l’ulteriore riduzione dello strain osservato al follow-up. Per indagare se queste alterazioni fossero espressione di alterazioni tissutali, abbiamo studiato le dinamiche di contrazione(sistole) e del rilassamento(diastole) del miocardio, tramite l’applicazione di un modello matematico. Normalmente, come in una molla, durante la sistole l’energia potenziale viene accumulata dalle fibre cardiache e dalla matrice extracellulare(ECM), e viene restituita sotto forma di energia cinetica all’inizio della diastole. Il rimodellamento cardiaco nella CMD riduce l’energia potenziale immagazzinata perché la contrazione incontra meno resistenza nel raggiungere la massima contrazione. Pertanto l’energia viene dissipata, la sistole è più breve, meno efficace e, di contro, la fase diastolica risulta più lenta, con compromissione del riempimento diastolico. Visto che la frazione di eiezione è inalterata, i dati suggeriscono l’alterazione delle proprietà viscoelastiche del miocardio. Lo studio dei possibili meccanismi molecolari ha infatti individuato alterazioni di proteine implicate nell’omeostasi della ECM come fattori responsabili del danno cardiaco secondario all’iperglicemia, nello specifico della metalloproteinasi 2(MMP-2). Al fine di identificare potenziali biomarcatori di malattia, abbiamo studiato l’espressione di microRNA circolanti, piccole molecole di RNA non codificanti che fungono da modulatori dell’espressione genica. Il miR-122 è stato identificato come un potenziale marker diagnostico e come attore molecolare nella progressione della DCM, essendo in grado di regolare l’espressione della MMP-2 e alterare la sua attività proteolitica nei confronti delle proteine della ECM. Infine, le variazioni del miR-122 correlavano con i parametri di disfunzione diastolica, confermando il suo ruolo nella patogenesi della CMD. Questo studio fornisce la prima valutazione longitudinale della CMD, dimostrando, nonostante un buon controllo glicemico, la progressione del rimodellamento cardiaco nell’arco di 5 anni verso l’ipertrofia dilatativa, stadio immediatamente precedente allo scompenso cardiaco in cui le terapie attuali sono inefficaci. L’aumento della torsione, segno distintivo delle prime fasi, raggiunge rapidamente un plateau, si disaccoppia dallo strain(che continua a ridursi), esaurendo il suo ruolo compensatorio. Le proprietà viscoelastiche del miocardio peggiorano: la sistole è breve e meno efficace, la diastole è alterata. L’ECM è coinvolta nel danno ed è un potenziale obiettivo terapeutico. La CMR e l’analisi dei miRNA possono essere strumenti utile per la valutazione di tali cambiamenti subclinici. In conclusione, dovrebbero essere compiuti maggiori sforzi per comprendere i meccanismi alla base della CMD al fine di ottimizzare terapie atte a prevenire la sua progressione “naturale” verso lo scompenso.