Luigi Vimercati
Tassi di contagiosità della malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2 negli ambienti di vita e lavoro
Il virus SARS-CoV-2, apparso in Cina alla fine del 2019, ha dato origine ad una pandemia ad elevato impatto sociale ed economico. La gravità dell’infezione ha reso necessari una serie di interventi di sanità pubblica volti a limitarne la diffusione, quali l’isolamento dei casi con identificazione dei contatti stretti, lockdown, chiusura delle scuole, lavoro agile, utilizzo obbligatorio delle mascherine. Per rendere tali interventi sempre più mirati ed efficaci nel ridurre la diffusione del virus, risulta di fondamentale importanza approfondire le conoscenze sui luoghi e le tipologie di contatti che ne favoriscono la trasmissione. A tal scopo, presentiamo una revisione sistematica volta a stimare il tasso di attacco secondario (SAR- proporzione di casi secondari che si sviluppano dal contatto con uno o più casi indice durante il periodo di incubazione) e il numero di riproduzione (Robs- numero medio di casi secondari derivanti da un caso indice) del SARS-CoV-2 in diversi setting.
Dall’analisi dei dati è emerso che contatti stretti e prolungati in ambito familiare aumentano significativamente il potenziale di trasmissione del SARS-CoV-2 (SAR 21.1%), con particolare riferimento ai pasti familiari, analogamente a quanto si verifica con l’influenza e contrariamente a quanto osservato con la SARS, i cui tassi di attacco secondario erano nettamente inferiori. Abbiamo osservato che in tale setting la trasmissione aumenta all’aumentare della durata di esposizione al caso indice (SAR 14.2% < 5 giorni vs SAR 34.9% > 5 giorni), sottolineando l’importanza delle politiche di isolamento e di tracciamento dei contatti.
Non è stato possibile ottenere informazioni dettagliate sulle modalità di trasmissione nei luoghi di lavoro, per via dei dati insufficienti e della notevole eterogeneità dei vari setting, in particolare nel garantire le misure di sicurezza e prevenzione. Grandi focolai segnalati in ambienti indoor o nei luoghi di lavoro assumono, tuttavia, rilevanza tale da poter considerare questi ultimi come potenziali facilitatori di “eventi di super-diffusione”.
In ambito nosocomiale la trasmissione del SARS-CoV-2 (SAR 3.6%) risulta inferiore a quanto riscontrato durante le prime fasi dell’epidemia di SARS, grazie al gran numero di contatti identificati e testati per caso indice e all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (DPI). Le notevoli differenze presenti nei vari sistemi sanitari rendono tuttavia difficile stimare in maniera univoca il potenziale di trasmissione nosocomiale del SARSCoV-2. Si rende altresì necessario approfondire le modalità di trasmissione nelle residenze per anziani, su cui allo stato attuale non vi sono dati sufficienti.
I dati relativi alla diffusione del SARS-CoV-2 nei setting comunitari suggeriscono che la trasmissione è favorita dalle interazioni sociali con contatti prolungati, quali piccoli eventi con familiari e amici (SAR 5.9%), trasporti (SAR 5%). Al contrario, contesti non familiari con contatti casuali riportano tassi di attacco secondario inferiori (SAR 1.2%). Gli studi sulla trasmissione all’interno delle scuole sono molto limitati per via della chiusura delle stesse sin dalle prime fasi della pandemia. Si ritiene, tuttavia, di notevole importanza approfondire il ruolo dei bambini nella trasmissione del SARS-CoV-2, soprattutto in vista del ritorno in aula.
Particolarmente interessanti risultano le differenze di trasmissibilità osservate in base all’età dei casi indice e dei contatti, alla durata dell’esposizione al caso indice, alla dimensione del nucleo familiare e alla sintomatologia dei casi indice (asintomatici, presintomatici, sintomatici).
Per mancanza di dati relativi ai restanti contesti, gli effetti dell’età sulla trasmissione del virus sono stati stimati per la sola esposizione in ambito familiare, ove la trasmissione tende ad aumentare all’aumentare dell’età dei casi indice e dei contatti. Tale dato può tuttavia risentire di una minore accuratezza legata alle infezioni infantili, che spesso decorrono in maniera asintomatica e possono non essere individuate tempestivamente.
In merito ai sintomi, i dati suggeriscono che casi presintomatici e sintomatici hanno tassi di trasmissione simili (SAR 9.3% e 13.6% rispettivamente). Il potenziale di trasmissione dei casi asintomatici (SAR 1.9%), sebbene inferiore rispetto ai casi sintomatici, rappresenta una delle principali criticità per le politiche di controllo, confermando l’importanza del contact tracing e dell’esecuzione dei test diagnostici per i casi sospetti, anche se asintomatici. In conclusione, i primi dati suggeriscono che la trasmissione è più alta nei setting in cui sono favoriti contatti stretti e prolungati (i.e. ambiente domestico), nonché in caso di interazioni sociali prolungate (i.e. pasti in famiglia, celebrazioni e incontri religiosi). Sono necessari ulteriori studi per valutare la trasmissione nei restanti setting, al fine di garantire un equilibrio tra benessere socio-sanitario ed economico.