Teresa Manzo
L’acido linoleico potenzia la capacità metabolica delle cellule t cd8 + e l’immunità antitumorale
La terapia adottiva a cellule T, che mira ad addestrare le cellule T a riconoscere e attaccare le cellule tumorali, ha rivoluzionato la terapia del cancro e rappresenta l’unica possibilità di cura per molti pazienti affetti da malattie avanzate. Nonostante i risultati incoraggianti nel trattamento dei tumori ematologici, nei tumori solidi l’efficacia dell’immunoterapia con linfociti T è limitata. In questo contesto, infatti, l’insufficiente potenza delle cellule T, la loro sopravvivenza e persistenza rimangono ostacoli difficili da superare che limitano l’efficacia terapeutica della terapia a cellule T. Questa scarsa efficacia è dovuta principalmente al fatto che l’attività dei linfociti T all’interno della massa tumorale si riduce progressivamente, dovuto in gran parte all’azione del microambiente tumorale (TME), che influenza il metabolismo dei linfociti T, sopprimendo di conseguenza la loro attività antitumorale.
È stato dimostrato che la disponibilità di nutrienti e il crosstalk metabolico influenzano il destino delle cellule T nel TME, con i lipidi che emergono come fattori chiave. Il loro accumulo è infatti un segno distintivo di diversi tipi di tumori, dove il loro accumulo è associato alla disfunzione delle cellule T. Tuttavia, gli effetti specifici dei diversi lipidi sulla biologia delle cellule T non sono ancora stati completamente compresi.
In un articolo pubblicato sulla rivista Cell Metabolism, i ricercatori guidati da Teresa Manzo hanno mostrato che l’acido linoleico (LA) -un acido grasso a catena lunga- potenzia l’attività antitumorale dei linfociti T, agendo sui mitocondri e alterando profondamente il metabolismo, suggerendo il potenziale utilizzo di LA in ambito clinico, per aumentare l’efficacia dell’immunoterapia.
Gli autori hanno osservato che la stimolazione dei linfociti T CD8 con LA aumentava il funzionamento dei mitocondri e influenzava l’espressione di diversi geni, tra cui i geni mitocondriali, i geni associati al reticolo endoplasmatico (ER), quelli coinvolti nel metabolismo dei lipidi e nella signaling del TCR receptor.
In seguito alla stimolazione con LA, mitocondri e ER agivano in maniera coordinata: LA aumentava l’interazione tra ER e mitocondri, regolando il passaggio di calcio tra ER e mitocondri (e la signaling a valle, evento cruciale per l’attivazione dei linfociti T) e la funzionalità mitocondriale. L’aumentata interazione ER/mitocondri.
È un tratto tipico dei linfociti T della memoria. Gli autori hanno infatti osservato che la stimolazione con LA induceva il differenziamento dei linfociti T principalmente in linfociti T della memoria, con un’aumentata sopravvivenza nel microambiente tumorale.
A livello metabolico, il trattamento con LA promuoveva la sintesi degli acidi grassi. LA era captato dai linfociti T e metabolizzato (incorporato negli acidi grassi a catena lunga), alterava la composizione e la fluidità delle membrane cellulari, influenzando così il funzionamento dei linfociti T.
Inoltre, in seguito al trattamento con LA, i livelli della proteina PD1 -la cui espressione consente alle cellule tumorali di sfuggire alla sorveglianza immunitaria- si riducevano notevolmente, suggerendo che LA fosse in grado di mitigare la progressiva riduzione dell’attività dei linfociti T. Queste cellule eliminavano infatti in maniera più efficiente le cellule tumorali. Anche in vivo, la stimolazione con LA migliorava la funzionalità mitocondriale dei linfociti T, rendeva le cellule più resistenti alla progressiva perdita di funzionalità e più efficienti nel controllare la crescita del tumore. La stimolazione con LA aveva gli stessi effetti anche nei linfociti T umani in coltura.
Inoltre, le cellule CART, dirette verso il linfoma o il neuroblastoma, stimolate con LA avevano una maggiore efficacia antitumorale sia in vitro che in vivo, aumentando significativamente la sopravvivenza degli animali.
In conclusione, gli autori hanno dimostrato il potenziale di LA nel superare i problemi associati ad un TME che tende a reprimere il funzionamento dei linfociti T, rendendo così i linfociti T CD8 più forti contro le cellule tumorali.
Diversamente da altri acidi grassi presenti nel TME, che danneggiano l’attività antitumorale dei linfociti T, LA ne potenzia l’attività, alterando in maniera duratura il metabolismo dei linfociti T CD8. Gli autori mostrano infatti l’aumentata efficacia delle CART stimolate da LA in tre diversi modelli tumorali preclinici. LA potrebbe quindi essere sfruttato per potenziare gli effetti dell’immunoterapia basata sui linfociti T nei tumori solidi.
Gli autori hanno già depositato il brevetto e stanno attivamente cercando partnership e collaborazioni per portare il metodo in clinica con l’intento di aumentare l’efficacia della terapia cellulare T per la cura dei tumori solidi.