Giovangiacinto Paterno
Il dic-score predice la mortalità precoce nei pazienti con leucemia mieloide acuta non promielocitica
I disordini della coagulazione complicano frequentemente il decorso clinico dei pazienti affetti da leucemia acuta. In particolare, la coagulazione intravasale disseminata (CID) è una delle complicanze coagulative più temibili nel decorso clinico delle leucemie acute.
Questa può essere causata da vari fattori, tra cui l’iperespressione del fattore tissutale e il rilascio di citochine pro-infiammatorie e pro-coagulanti e dalla citolisi indotta dai trattamenti antineoplastici e da infezioni concomitanti.
La CID è presente all’esordio di malattia nella maggior parte dei pazienti con leucemia promielocitica acuta, mentre la prevalenza nella leucemia mieloide acuta (AML) varia dal 3 al 25%. Il nostro studio ha esaminato la prevalenza e il significato prognostico, in termini di mortalità precoce, della presenza di CID al momento della diagnosi di AML non promielocitica, e la sua correlazione con le caratteristiche cliniche e biologiche della malattia.
Abbiamo condotto un’analisi retrospettiva su 351 pazienti con AML di nuova diagnosi, consecutivamente diagnosticati tra il 2010 e il 2022 presso il centro di Ematologia della Fondazione Policlinico Tor Vergata. La presenza di CID è stata valutata utilizzando i criteri della revisione del 2018 dell’International Society of Thrombosis and Hemostasis DIC-Score, il valore di cut-off di 4 è stato identificato per definire i pazienti con CID.
La coorte di studio presentava un’età mediana alla diagnosi di 65 anni con una predominanza del sesso maschile (59%). È stata rilevata una prevalenza di CID nel 21% dei pazienti, e questa è risultata associata all’età avanzata, alla presenza di plurime comorbidità, scarso performance status, iperleucocitosi, elevati livelli di LDH, mutazioni del gene NPM1, all’espressione di CD33 e CD4 con concomitante mancata espressione di CD34 da parte dei blasti leucemici.
Ad un follow-up mediano di 72 mesi (3-147 mesi), la sopravvivenza globale (OS) a 6 anni della corte di studio è risultata essere del 17,4%. I pazienti che presentavano una CID all’esordio presentavano una OS significativamente peggiore (7,2%) rispetto ai pazienti senza CID (20,3%, p<0,001). I pazienti con CID presentavano inoltre tassi di mortalità precoce marcatamente più elevati a 30 giorni (42,5% vs 8%), 60 giorni (49,3% vs 16,9%) e 120 giorni (64,4% vs 25,6%) dall’esordio della malattia.
In analisi univariata, i fattori associati ad un’elevata mortalità a 30 giorni sono risultati essere la presenza di CID, l’età avanzata (maggiore di 65 anni), scarso performance status, la presenza di plurime comorbidità, l’iperleucocitosi (globuli bianchi 50×109/L) ed elevati valori di LDH. In analisi multivariata, la presenza di CID, l’iperleucocitosi e il performance status risultavano fattori prognostici indipendenti per la mortalità precoce a 30 giorni.
Risultati simili sono stati osservati anche restringendo l’analisi ai pazienti con età inferiore a 65 anni. In questa categoria, la presenza di CID aumenta significativamente e indipendentemente i tassi di mortalità a 30, 60 e 120 giorni con percentuali del 42%, 46% e 55%, rispetto al 3%, 10%, 15% nei pazienti che non presentavano CID all’esordio.
Inoltre, Dei 14 pazienti con età inferiore a 65 anni deceduti entro 30 giorni dalla diagnosi di AML, 5 sono deceduti a causa di una emorragia fatale prima di poter iniziare un trattamento attivo per l’AML, nonostante fossero idonei per la terapia attiva, 4 a causa di complicanze legate alla progressione della malattia prima di iniziare qualsiasi trattamento attivo per l’AML (tutti questi pazienti tranne uno presentavano una CID all’esordio di malattia), mentre 5 (di cui 2 con CID) morivano durante il periodo di aplasia post chemioterapia.
In conclusione, il nostro studio ha dimostrato che la prevalenza e la rilevanza clinica della CID nella AML non promielocitica non è trascurabile ed è associata a una prognosi sfavorevole, con un elevato tasso di mortalità precoce, indipendentemente dall’età, dal performance status e dalla presenza di comorbidità.
La CID può comportare l’insorgenza di complicanze emorragiche e/o trombotiche, con un impatto negativo sulla qualità della vita e sulla sopravvivenza. Nei pazienti con diagnosi recente di AML, il riconoscimento precoce e l’utilizzo tempestivo di misure terapeutiche e di supporto per correggere i difetti coagulativi potrebbero aiutare a mitigare l’elevato rischio di mortalità precoce.