Alessandro Rabiolo
Criteri di fallimento dell’ipotonia negli studi chirurgici sul glaucoma e loro influenza sul successo dell’intervento
Il glaucoma è una malattia neurodegenerativa che colpisce il nervo ottico e causa una perdita irreversibile e progressiva di vista, fino alla cecità completa.
La terapia del glaucoma mira a ridurre la pressione intraoculare mediante terapie mediche, laser e chirurgiche.
Queste ultime sono le più efficaci nell’abbassare la pressione intraoculare, ma possono talvolta causare ipotono, ovvero pressione intraoculare troppo bassa.
La definizione di ipotono non è universalmente accettata e si divide solitamente in due forme: ipotono numerico e ipotono clinico. L’ipotono numerico è definito sulla base di una soglia pressoria considerata non fisiologica, che può aumentare il rischio di complicanze.
L’ipotono clinico, invece, si concentra sulla presenza di complicanze legate alla bassa pressione, indipendentemente dai valori pressori. Alcune di queste complicanze possono essere particolarmente invalidanti e causare perdita irreversibile della vista.
Per standardizzare la definizione di ipotono negli studi di chirurgia del glaucoma, la World Glaucoma Association ha raccomandato l’uso di ipotono numerico persistente (pressione intraoculare <6 mmHg in due visite consecutive) come criterio di fallimento chirurgico.
Tuttavia, studi recenti hanno mostrato come il semplice uso dell’ipotono numerico non rifletta accuratamente l’esito chirurgico. Infatti, molti pazienti con ipotono numerico non sviluppano complicanze e, di contro, alcuni pazienti senza ipotono numerico possono sviluppare manifestazione cliniche da ipotono.
L’utilizzo di ipotono numerico come criterio di fallimento sembra quindi inappropriato, poiché può classificare erroneamente successi chirurgici come fallimenti e viceversa. Inoltre, penalizza maggiormente le tecniche chirurgiche che ottengono una riduzione più robusta della pressione intraoculare rispetto a quelle tecniche che privilegiano la sicurezza a scapito di una minor riduzione pressoria.
Alla luce di queste considerazioni, diversi autori hanno proposto criteri di fallimento da ipotono alternativi, introducendo eterogeneità nella letteratura e rendendo complesso il confronto i risultati tra diversi studi.
Nella prima fase del nostro lavoro, abbiamo condotto una revisione sistematica per valutare quali definizioni di ipotono sono utilizzate in letteratura per definire il fallimento chirurgico.
Su 2.278 studi unici identificati, ne abbiamo inclusi 278. Abbiamo trovato 49 diversi criteri di fallimento per ipotono, circa un criterio diverso ogni cinque studi. Di questi, l’ipotono numerico era predominante (157 studi, 56.5%), mentre solo 22 studi (7.9%) utilizzavano una definizione clinica di ipotono. Circa un terzo degli studi (35.6%) non prevedeva nessun criterio di fallimento per ipotono.
Nella seconda fase del nostro lavoro, abbiamo valutato l’impatto di utilizzare diversi criteri da ipotono sulle percentuali di successo chirurgico in due ampie coorti di pazienti sottoposti a trabeculectomia (934 occhi) e sclerectomia profonda (1765 occhi).
Abbiamo applicato i criteri standard di fallimento, variando solamente quello da ipotono e applicando in modo sequenziale tutte le diverse definizioni di ipotono estratte dalla letteratura. In entrambe le coorti, le percentuali di successo erano significativamente inferiori utilizzando l’ipotono numerico rispetto all’ipotono misto (soglia numerica e/o complicanza) e clinico.
In conclusione, la nostra ricerca ha dimostrato che i criteri di fallimento per ipotono sono eterogenei in letteratura, con pochi studi focalizzati su manifestazioni cliniche.
L’uso di ipotono numerico porta a percentuali di fallimento maggiori rispetto a quelle calcolate utilizzando l’ipotono clinico e può sottostimare la reale percentuale di successo di una tecnica chirurgica. Alla luce di questo studio, auspichiamo una revisione delle linee guida internazionali per standardizzare i criteri di fallimento, con enfasi sulle complicanze cliniche da ipotono.