Leverano
Puglia
“Leverano è conca”, recita un detto tradizionale del paese, posizionato all’interno di un bacino interno, dove le piogge, invece di tornare al mare, spariscono nelle grandi vore, inghiottitoi carsici che promanano misteri e leggende.
Per i Leveranesi, durante l’inverno, “guardare la terra vedendoci il cielo”, riflesso negli stagni temporanei, è un po’ una costante, dato che i terreni da vigna sono proprio quelli che sorgono intorno all’abitato: lunghi filari di vite disegnano una chioma verde che incornicia gentilmente il centro urbano, tra cui gli specchi d’acqua temporanei risaltano come diademi turchesi.
A pochi chilometri dallo splendido ed inimitabile mare del Salento, questa terra unica e particolare, che ricorda per questo un fertile grembo femminile, è infatti diventata rigogliosa di vigneti e fiori, guadagnando premi internazionali per i suoi vini ed ospitando ogni anno la prestigiosa rassegna “Leverano in fiore” che celebra i fiori di Leverano, ricercati sui mercati di tutto il mondo, con uno straordinario concorso che vede riuniti artisti floreali provenienti da decine di diverse nazioni, in un incontro che celebra il dialogo e la pace.
Entrando a Leverano, l’impressione è quella di un paese proiettato verso il futuro, con i suoi stabilimenti enologici e colture agricole all’avanguardia, ma nell’interno ancora batte un cuore antico, pronto a svelarsi ai viaggiatori più attenti.
Il territorio pianeggiante è infatti da lungo tempo modellato attraverso il continuo rapporto tra uomo e natura, in una relazione fatta di accordi progressivi, che si manifesta in un paesaggio ordinato, capace di indurre sensazioni di serenità e tranquillità.
Il fulcro rimane poi ben visibile da ogni direzione, la Torre Federiciana, splendido esempio di architettura ingegneristica sveva, la più alta dell’intera Terra d’Otranto con i suoi svettanti 28 metri dalla base, colpisce per la sua sobria snellezza, che la fa ammirare da ogni angolo del paese, su cui veglia da 800 anni.
“Ogni ppetra ausa parete” è un detto salentino, che allude ai muretti a secco, fatti di atti ripetuti nel tempo che sembrerebbero poca cosa presi singolarmente, ma che invece insieme diventano meraviglia.
È questa la cifra che ha guidato il Comune di Leverano in un particolarissimo progetto di riscoperta del patrimonio storico- culturale, portato avanti oramai da diversi anni, un percorso di consapevolezza culturale che si avvale del valore sinergico delle nuove tecnologie in un contesto di innovazione sociale.
Attraverso una serie di incontri regolari della comunità, nella cornice dell’Ecomuseo Terra d’Arneo, si raccolgono narrazioni in un processo di rielaborazione continuo, recuperando Il senso della scrittura comunitaria della propria storia e del proprio paesaggio, sia materiale che culturale, facendolo diventare arte e patrimonio collettivo.
Ne deriva l’emozione di riscoprirsi protagonisti, tanto con i propri avi nelle generazioni passate, quanto nel momento attuale, in un continuo processo di ri-creazione della propria identità culturale attraverso i medium dell’arte e della tecnologia.
Frutti visibili di questo intenso lavoro sono i percorsi nel centro storico attrezzati con mappe tattili, che raccontano, con disegni architettonici in rilievo, scrittura normale e braille, video multilingue ed in lingua dei segni, la storia e le storie di Leverano, tanto ai visitatori che ai residenti, un nuovo modo di raccontare luoghi e monumenti.
Oppure le inattese grandi tavole pittoriche, che rapiscono all’improvviso l’occhio del turista che si avventuri tra i vicoli di basoli, raccontando i mestieri tradizionali attraverso l’occhio e l’espressione innovativa degli artisti contemporanei.
Un’espressione che si allarga poi alla periferia, dove murales grandi come palazzi raccontano con orgoglio il lavoro quotidiano attuale, per riunire insieme generazioni passate e presenti nel loro continuo impegno attraverso i secoli.
Ma il segno di questo continuo impegno si traduce anche nella nascita di nuovi luoghi per la comunità, come il grande parco urbano di Patula Cupa, che recupera alla fruizione una zona umida, importantissima per la regimazione delle precipitazioni, attraverso il ripristino di colture agricole dimenticate, come il cotone, e nuovi usi sociali come gli orti e le vigne di comunità, dove l’incontro tra persone e culture diverse, il dialogo ed il lavoro condiviso, divengono cultura e ricchezza sociale da riscoprire ogni giorno.