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Il complesso parrocchiale dedicato alla Santa Teresa di Calcutta sorge a Ponte di Nona, uno dei quei nuovi quartieri di Roma che ha vissuto, dal suo concepimento alla sua realizzazione, varie e intricate vicende urbanistiche, perdendo nella sua costruzione finale, quella caratteristica di città satellite che era all’origine del suo concepimento all’interno del quale era inizialmente previsto un centro connotato da servizi pubblici che avrebbero reso una dignitosa qualità di vita ai suoi abitanti.
Di fatto, il vero polo d’interesse si è risolto invece, dopo alterne fasi, con un abnorme centro commerciale che ha devastato il paesaggio circostante della campagna romana e ha annullato in un sol colpo le originarie intenzionalità di piano. In questo contesto il complesso parrocchiale si pone come elemento di qualificazione di ciò che resta dello sparuto centro, ormai ridotto ad una piazza circolare spartitraffico ed ad un plesso scolastico.
In tal modo cerca d’integrare in parte, con le sue attrezzature complementari, la quasi assenza di servizi pubblici.
Per quanto riguarda la sua configurazione architettonica si è cercato di dotarla di un’estrema semplicità in modo che la sua forma sia in grado di rendere chiarezza e visibilità in un intorno continuo di costruzioni residenziali anonime.
In più, la sua architettura potrà trasmettere, attraverso l’uso di stilemi lineari sensazioni complesse attribuendo a questi valori di carattere iconico.
Il prisma triangolare che racchiude lo spazio dell’assemblea vuole rappresentare l’idea di ascesi, vale a dire, la trasposizione dalla condizione materiale a quell’immateriale celeste a simboleggiare l’essenza stessa dell’opera della personalità della Santa Teresa di Calcutta.
Le tre lastre che compongono il complesso unitario del campanile visualizzano come simbolo della domus Dei, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e per alcuni le tre virtù teologali, vale a dire, Fede, Speranza e Carità.
Un triangolo e tre aste, quanto di più semplice si possa concepire per costruire uno spazio sacro, che inviti a riflettere sulla complessità del credere.
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