Gherardi Architetti
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Il progetto allestitivo del monumentale Salone della Basilica Palladiana ha cercato una definizione il più armonica possibile, tenuto conto dei vincoli legati al luogo e alla necessaria climatizzazione imposta dal materiale da esporre.
Si è così scelto di suddividere longitudinalmente la pianta rettangolare della Basilica con un segno che consentisse di gestire il percorso in modo ordinato e razionale e, al contempo di ospitare i necessari macchinari per la messa in sicurezza climatica degli ambienti espositivi. Le pareti ortogonali alla spina centrale, formando stanze di grandi dimensioni senza copertura, permettono al visitatore di non perdere mai il rapporto con il volume dell’edificio, creando al contempo una necessaria intimità di lettura delle opere esposte.
La successione degli ambienti aperti termina, alla conclusione della mostra, nel solo spazio chiuso dell’allestimento. La sala è concepita per la proiezione di un docufilm, appositamente realizzato per la mostra, teso a ripercorrere la vita di Van Gogh.
La Basilica era dotata di un sistema per la climatizzazione non completamente adeguato a ospitare opere pittoriche e grafiche. L’asse centrale compiuto diviene così non solo elemento di suddivisione, ma volume tecnico ad alloggiamento dei macchinari supplementari, permettendo la creazione delle condizioni climatiche indispensabili per lo svolgimento della mostra, secondo le normative internazionali. Tutti i macchinari presenti nella spina centrale sono sollevati da terra, a trenta centimetri dal pavimento, così da annullare vibrazioni e facilitare le operazioni di manutenzione.
Tutta la struttura é autoportante e come tale incide solamente con il suo peso sulla pavimentazione, mentre i carichi e gli appoggi sono adeguatamente ripartiti in modo da rispettare i pesi di incidenza sul solaio, protetto al fine di preservare l’integrità della Basilica.
Il colore dell’allestimento grigio seta (RAL 7044) è volutamente monocromatico per tutte le pareti espositive e travature primarie, tonalità che ben si addice al tipo di opere esposte e alla reazione dei corpi illuminanti sulle superfici verticali. Particolare attenzione è stata data alla zoccolatura delle pareti centrali, allineate a quelle sospese perimetrali che hanno una tonalità più scura, mentre all’interno della sala per la proiezione del docufilm il colore è nero opaco per garantire il massimo assorbimento e una corretta visione.
La luce riveste un ruolo fondamentale in questo allestimento, in cui il visitatore è immerso in una atmosfera scura, quasi teatrale. Dall’ombra emergono solamente i quadri, che sono illuminati da coni di luce perfettamente centrati. Le opere acquisiscono una potenza inattesa.
Questo risultato è frutto di una ricerca sui corpi illuminanti. Per la mostra è stato progettato il faretto Vincent, che è stato successivamente commercializzato con caratteristiche specifiche per il mondo museale, per esaltare i colori dei dipinti, i disegni o le sculture.
I faretti hanno un corpo in alluminio pressofuso e sono basati su tecnologia al led, perfetta per i quadri, perché non scalda e non contiene infrarossi o ultravioletti che danneggiano i pigmenti.
E’ possibile cambiare la tonalità del bianco da luce calda a luce fredda, all’interno di un ampio range; in questo modo il curatore ha potuto scegliere la più adatta per ogni quadro.
Essi consentono inoltre di riquadrare l’opera, per creare un contrasto con l’ambiente, facendo risaltare i colori e rendendoli più intensi, arrivando a tonalità impossibili con altre lampade. Ogni pezzo ha bisogno della sua tonalità: per alcune opere è necessaria poca luce e calda, per altre è richiesto un bianco più freddo.
Tutti i faretti sono regolabili tramite smartphone o tablet, basandosi sul sistema DALI.