ATELIER(s) ALFONSO FEMIA
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La ricerca di un dialogo urbano e territoriale:
Abbiamo ritenuto importante che il nuovo edificio dialogasse con l’attiguo complesso della Stazione Tiburtina che tra i suoi tratti principali si caratterizza per dimensione e orizzontalità.
Un dialogo non necessariamente diretto, ma fatto di rimandi ora prospettici alle differenti quote della stazione, ora di ruolo (la stratificazione orizzontale) nel nuovo paesaggio urbano.
L’obiettivo che ci siamo proposti era di rispondere alle esigenze funzionali con un edificio che fosse in grado, nella sua autonomia e identità, di appartenere al contesto urbano della Stazione Tiburtina ed allo stesso tempo poter essere rappresentativo per la città di Roma nonchè per il suo utilizzatore.
Da queste considerazioni nasce un edificio in grado di relazionarsi in maniera differente a nord-ovest con il quartiere Pietralata e a sud-est con il complesso della Stazione Tiburtina.
Ora dinamico, riflettente e dissolvente laddove la sua percezione è prevalentemente dinamica e differente metro dopo metro, quasi come se fosse in movimento, ora statico, trasparente e materico laddove il contesto è urbano, “lento”, esposto a nord.
Architettura come Materia:
Il nuovo edificio si racconta con il colore argenteo delle facciate. La sua preziosità è riferita al tema della luce solare e dei suoi riflessi, alla capacità di definire un’atmosfera di trasparenze, opacità, specchiature e semitrasparenze con il suo intorno.
Nelle ore del mattino e della sera, ovvero in quei momenti in cui la luce diventa incidentale lungo le pareti principali, annulla la percezione dei suoi limiti fisici confondendolo con la luce naturale.
Le pareti vetrate si alternano, a porzioni opache verticali, alla ceramica diamantata che riflette la luce nelle tonalità dell’argento, mai uguale a se stessa.
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