Arcore
Collocata ai piedi delle prime colline della Brianza, la città di Arcore vede le proprie origini fin dall’epoca romana. Molteplici sono le attribuzioni etimologiche che associano Arcore alla presenza di un arcus romano, ovvero al culto di Ercole o, ancora, al termine arculae, inteso come granaio o, in ambito agrimensorio, come “confine quadrato simile ad un arca”.
A conferma della presenza di un insediamento ad Arcore già nel I° secolo d.C. è la lapide rinvenuta in città, ora conservata al Museo Archeologico di Milano, dedicata a Giulia Drusilla, sorella e moglie di Caligola, databile 38 d.C. Certe sono le notizie storiche che individuano in periodo medioevale la presenza dei conventi di Sant’Apollinare e di San Martino. E’ tuttavia a partire dal Settecento che ad Arcore si verificò un notevole incremento dei luoghi di culto, compresa l’edificazione della Chiesa parrocchiale di Sant’Eustorgio, di cappelle ed oratori “minori”.
A caratterizzare il territorio arcorese è, senza dubbio, la fioritura di numerose ville gentilizie, dimore d’eccellenza delle grandi famiglie lombarde e sintesi di plurisecolari vicende storiche ed artistiche. Tra queste vi sono Villa “La Cazzola”, le cui logge cinquecentesche sono attribuibili a Pellegrino Tibaldi, architetto di San Carlo Borromeo, Villa “San Martino”, edificata per volontà del conte Giorgio Giulini agli inizi del Settecento, inglobando le strutture dell’omonimo monastero benedettino, la Villa “Ravizza”, caratterizzata da uno splendido parco all’italiana e Villa “Buttafava”, sobria residenza signorile tardo settecentesca, strettamente collegata alla proprietà fondiaria circostante. Sulla cima della collinetta del centro di Arcore, “quasi Signora delle sottoposte terre”, si eleva in tutta la sua bellezza Villa Borromeo d’Adda. Venne edificata nella seconda metà del 1700, quando l’abate Ferdinando d’Adda decise di stabilire la propria residenza sul colle. L’attuale configurazione della villa e del parco sono frutto di due interventi significativi. Il primo fu avviato da Giovanni d’Adda attorno al 1840, il quale affidò l’incarico all’ingegnere architetto Balzaretto, il più celebre disegnatore di giardini del momento, di modellare il parco.
Sempre del Balzaretto l’edificazione della Cappella di famiglia (1849-1855), situata in una delle ali del Palazzo seicentesco dei d’Adda, collocato nella parte bassa della proprietà. All’interno, le mirabili sculture di Vincenzo Vela e l’apparato decorativo del fratello Lorenzo rendono l’opera unica nel suo genere. Il secondo restauro avvenne a partire dal 1880 ad opera dell’architetto Emilio Alemagna, per conto del marchese Emanuele d’Adda, il quale lasciò intatto il fronte sud dove si limitò a ricavare un terrazzo sopra la loggia d’ingresso arricchita di un’ulteriore pensilina, rifece le balaustre in pietra e cemento, i ferri battuti e le cornici, ricostruì i due corpi laterali alzati di un piano mentre nella parte centrale, a Nord, creò un grande salone ad angoli arrotondati aperto a veranda da immense vetrate. Sempre dell’Alemagna, le scuderie completano il compendio. Nel 1980 le proprietà della famiglia Borromeo d’Adda, ad eccezione della Cappella, vennero acquistate dal Comune di Arcore. Dopo decenni di abbandono, nel 2016 sono stati avviati i lavori di restauro conservativo dell’intera Villa, comprese le superfici decorate, gli stucchi, i preziosi lampadari in vetro di Murano, le pavimentazioni intarsiate, interventi che nuovamente porteranno allo splendore originario gli ambienti destinati a spazi espositivi e ricettivi.