Basilio Pintaudi
Diabete mellito di tipo 2 e rischio cardiovascolare
Il diabete mellito di tipo 2 è una patologia molto comune e ad alto impatto economico per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Ciò prevalentemente per l’elevato costo delle complicanze legate al diabete, soprattutto quelle cardiovascolari.
Il nostro studio si è proposto di comprendere quale sia il rischio di malattia cardiovascolare nella popolazione Italiana affetta da diabete mellito di tipo 2 che viene assistita dai servizi di diabetologia diffusi su tutto il territorio nazionale. Esso si colloca nel contesto di una iniziativa nazionale denominata Annali AMD, promossa già
dal 2006 dalla Associazione Medici Diabetologi (AMD) allo scopo di migliorare la qualità dell’assistenza fornita alle persone con diabete. Nel nostro studio le persone con diabete mellito di tipo 2 sono state classificate in tre categorie di rischio cardiovascolare secondo la classificazione promossa dalla Società Europea di Cardiologia
(ESC, European Society of Cardiology) in collaborazione con la Società Europea per lo Studio del Diabete (EASD, European Association for the Study of Diabetes). La differente attribuzione di rischio cardiovascolare si basa sulla presenza o meno della combinazione di alcuni fattori di rischio cardiovascolare quali la malattia aterosclerotica accertata, il danno d’organo (ai reni, al cuore, agli occhi), l’età, il fumo, l’obesità, l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia (figura 1). La stratificazione prevede la suddivisione delle persone con diabete in tre fasce di rischio: molto elevato (rischio di evento cardiovascolare a 10 anni >10%), elevato (fra 5% e 10%) e moderato (<5%). Tale stratificazione ha importanti implicazioni sia sui target terapeutici da raggiungere, che per la scelta del trattamento. Il nostro studio si basa sui dati clinici estrapolati dalle cartelle cliniche elettroniche dei pazienti assistiti presso 258 strutture diabetologiche partecipanti all’iniziativa Annali AMD. Sono stati valutati ai fini dell’analisi:
1) i principali parametri descrittivi generali della popolazione studiata;
2) i parametri di laboratorio ed i dati antropometrici indicanti il livello di compenso del diabete, della pressione arteriosa, della dislipidemia;
3) grado di intensità e appropriatezza del trattamento farmacologico per il diabete e per i fattori di rischio cardiovascolare;
4) la presenza di complicanze legate al diabete; 5) la qualità di cura erogata.
Complessivamente, sono stati valutati 473.740 soggetti con diabete di tipo 2. Di questi il 78,5% è risultato a rischio cardiovascolare molto alto, il 20,9% a rischio alto e il restante 0,6% a rischio moderato. Fra i soggetti a rischio molto alto: il 39,0% presentava un danno d’organo, l’89,1% aveva tre o più fattori di rischio cardiovascolare, il 18,7% presentava un pregresso evento cardiovascolare maggiore, il 26,4% presentava una retinopatia, il 39,5% presentava un danno renale. Alcune caratteristiche dei pazienti appartenenti alla fascia di rischio molto alto sono riportate in figura 2. Non si è evidenziata alcuna differenza di genere fra le classi di rischio cardiovascolare.
Nella fascia di rischio cardiovascolare molto elevato risulta più bassa la percentuale di soggetti con diabete scompensato e più elevata la quota di soggetti con colesterolo nel target desiderato, ad indicare una maggiore attenzione ai pazienti a rischio più elevato. Di converso, in questo gruppo è alta la quota di pazienti con valori pressori elevati, così come la quota di soggetti obesi.
Per quanto riguarda i farmaci utilizzati per la cura del diabete è stato evidenziato un aumento di utilizzo di alcune categorie di farmaci denominati secretagoghi e DPP4-inibitori all’aumentare del rischio cardiovascolare.
Mentre gli ultimi hanno un effetto neutro sul profilo di rischio cardiovascolare, per i secretagoghi recenti studi hanno evidenziato un’associazione tra il loro utilizzo ed un aumentato rischio di mortalità. I farmaci che, viceversa, oltre ad essere efficaci sulla riduzione della glicemia sono dotati di una potente azione di protezione cardiovascolare (agonisti recettoriali del GLP-1 e SGLT2-inibitori) sono invece utilizzati in maniera molto limitata.
In conclusione, l’analisi di una popolazione vasta ha permesso di evidenziare quali siano le caratteristiche e gli indicatori di qualità dell’assistenza dei soggetti affetti da diabete di tipo 2 in relazione alle classi di rischio cardiovascolare. Una grande quota di soggetti risulta essere a rischio alto o molto alto. Le terapie farmacologiche anti-iperglicemizzanti sembrano non essere adeguatamente utilizzate a dispetto dei potenziali vantaggi in termini di riduzione del rischio cardiovascolare di alcune categorie di farmaci. Esistono dunque diverse aree di intervento su cui indirizzare l’azione terapeutica e preventiva al fine di ottimizzare i profili di cura, migliorare la qualità dell’assistenza dei soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2 e identificare percorsi diagnostico-terapeutici cardiovascolari più efficienti.