Carmela Rinaldi
La prevenzione sul posto di lavoro conviene
La popolazione invecchia e così anche la forza lavoro. Ed è proprio sul posto di lavoro che stanno rapidamente emergendo condizioni e malattie legate all’età, con un impatto negativo sulle funzioni fisiche e sulla produttività dei lavoratori. L’osteoporosi è un buon esempio di queste condizioni: colpisce più di 200 milioni di persone in tutto il mondo e nel prossimo futuro questi numeri sono destinati ad aumentare con esiti negativi in termini di fratture ossee, riduzione della qualità della vita, dolore cronico, perdita di autonomia, mortalità e costi sociali. L’osteoporosi è correlata a fattori di rischio non modificabili (una storia di cadute, età avanzata, sesso, origine etnica, precedente frattura e familiarità), ma anche a fattori di rischio modificabili, quali assorbimento nutrizionale inadeguato, mancanza di attività fisica o rischio di caduta, perdita di peso eccessivo, fumo di sigaretta e consumo di alcol. Ciò significa che molto si può fare in termini di prevenzione primaria o secondaria e di promozione della salute, intervenendo sui fattori di rischio modificabili o individuando precocemente chi necessita di cure. Ciò nonostante, ad oggi, poca attenzione è stata dedicata alla prevenzione: sappiamo che circa il 75% dei casi di osteoporosi non è ancora diagnosticato o viene diagnosticato solo quando si verifica una frattura ossea. Per questo motivo, l’individuazione dei primi segni di perdita ossea sembra essere cruciale per ridurre al minimo le conseguenze per la salute.
Obiettivo di questa ricerca è stato quello di sperimentare un programma di screening precoce dell’osteoporosi sul posto di lavoro, integrato in un più ampio progetto di prevenzione (durato due anni) che vedeva attuati interventi sullo stile di vita e la valutazione della sostenibilità economica degli interventi stessi.
LA RICERCA: La ricerca ha incluso più di 1.000 lavoratori del settore socio-sanitario: attraverso un questionario, sono stati valutati i fattori di rischio noti per l’osteoporosi. Il questionario comprendeva domande sullo stato di salute e sullo stile di vita.
Coloro che, in base al questionario, sono risultati a rischio sono stati invitati a sottoporsi a un esame non invasivo per la valutazione della densità minerale ossea attraverso l’utilizzo di ultrasuoni (ultrasonografia ossea quantitativa).
I soggetti risultati a rischio o potenzialmente malati (osteopenici o osteoporotici) in seguito a questo esame sono stati invitati a una visita medica specialistica che includeva interventi di coaching sullo stile di vita e, per i lavoratori con osteoporosi, la prescrizione di farmaci. Inoltre, tutti i partecipanti allo studio hanno ricevuto un opuscolo informativo su come agire sui fattori di rischio modificabili per prevenire l’osteoporosi.
Questo screening ha permesso di identificare in anticipo 60 operatori sanitari (quindi persone attive) con perdita ossea clinicamente significativa (47 con osteopenia e 13 con osteoporosi) che non erano consapevoli della loro condizione. La maggior parte dei soggetti a rischio è stata intercettata già alla compilazione del questionario.
Sulla base di questo studio possiamo ipotizzare che uno screening dell’osteoporosi eseguito nei luoghi di lavoro, basato sull’individuazione dei fattori di rischio e sulla valutazione della densità minerale ossea, potrebbe essere un ottimo approccio per l’identificazione precoce dell’osteoporosi nella popolazione attiva.
LA SOSTENIBILITA’ ECONOMICA: Lo studio si proponeva anche di valutare il rapporto tra efficacia e costi dell’intervento di screening. La scelta dell’ultrasonografia ossea quantitativa, per lo screening in una popolazione mediamente attiva, potrebbe essere meno costosa e più pratica della DEXA (acronimo di Dual-Energy X-ray Absorptiometry), esame radiologico non invasivo utilizzato come Gold standard per misurare la densità minerale ossea nella popolazione ad alto rischio.
Quindi, dal momento che la letteratura suggerisce che i programmi di screening mirati alla diagnosi precoce e il trattamento dell’osteoporosi potrebbero essere interventi notevolmente convenienti e, dato che questa ricerca evidenzia un possibile rapporto costi/benefici positivo di 2,07, possiamo affermare che programmi di screening come quello presentato non solo siano economicamente sostenibili, ma portino a un notevole risparmio.
IN CONCLUSIONE: Questo tipo di intervento potrebbe avere un impatto positivo sia sulla qualità della vita delle persone, sia sulla rete sociale a cui la persona appartiene, oltre a limitare i costi indiretti derivati dalle fratture da osteoporosi nella popolazione attiva.