Gabriella D’ettorre
Studio pilota sull’impiego di probiotici nell’infezione da SARS-CoV2
La sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2) originata alla fine del 2019 in Cina, si è diffusa rapidamente da marzo 2020, assumendo progressivamente le caratteristiche epidemiologiche di una pandemia e diventando un grave problema di salute pubblica globale.
Sebbene il patogeno sia stato individuato precocemente, restano ancora molti quesiti non risolti sui meccanismi fisiopatologici alla base della malattia.
Tuttavia, nonostante ciò, un numero crescente di prove ad oggi suggerisce che l’alterazione della composizione della flora intestinale possa svolgere un ruolo rilevante nel determinare l’evoluzione del quadro clinico nei pazienti affetti da malattia da COronaVIrus 19 (COVID-19). La cosiddetta disbiosi, infatti, alimentando i processi proinfiammatori sistemici e la produzione di citochine sembrerebbe poter contribuire all’evoluzione severa della malattia e al danno multiorganico.
Sono stati proposti molti approcci terapeutici diversi per combattere attivamente la diffusione del virus, ma attualmente non esistono terapie codificate o linee guida certe per il trattamento dei pazienti con COVID-19.
Considerata la mancanza di opzioni farmacologiche sicure e visto l’impatto della SARS-CoV-2 sul microbiota dell’ospite e sull’infiammazione intestinale, è stato ipotizzato che la modulazione della flora intestinale possa rappresentare un approccio terapeutico complementare nella gestione dei pazienti sintomatici affetti da COVID-19.
Nel nostro studio abbiamo condotto un’analisi su 70 pazienti affetti da COVID-19 ricoverati nel periodo tra il 9 Marzo e il 4 Aprile 2020, presso il Dipartimento di Malattie Infettive del Policlinico Umberto I di Roma. Tutti i pazienti ricoverati presentavano febbre, necessitavano di O2 terapia non invasiva e le TC torace mostravano un coinvolgimento polmonare di grado superiore al 50%. 42 pazienti ricevevano la terapia standard (SOC) che includeva idrossiclorochina, antibiotici, e tocilizumab mentre un gruppo di 28 soggetti riceveva la stessa terapia con aggiunta di una specifica terapia batterica orale (OB) contenente otto ceppi di batteri (Streptococcus thermophilus DSM 32345, Lactobacillus acidophilus DSM 32241, Lactobacillus helveticus DSM 32242, Lactobacillus paracasei DSM 32243, Lactobacillus plantarum DSM 32244, Lactobacillus brevis DSM 27961, Bifidobacterium lactis DSM 32246, Bifidobacterium lactis DSM 32247).
Le due corti di pazienti erano sovrapponibili per età, sesso, comorbidità e il tipo di supporto con O2 terapia.
A 72 ore dal ricovero in reparto tutti i pazienti trattati con SOC+OB mostravano la remissione della diarrea e dei sintomi respiratori presenti al momento del ricovero rispetto a quanto osservato nel gruppo che assumeva solo SOC.
In particolare il 42.9% dei pazienti trattati con SOC+OB risolveva la diarrea entro 24 h e il 92,9% entro tre giorni dall’ingresso in Ospedale. Tutti gli altri sintomi, febbre, astenia, mal di testa, mialgia e dispnea regredivano a partire dal secondo giorno. Al contrario, meno della metà dei pazienti non trattati con terapia batterica orale presentava la remissione della diarrea e/o di altri sintomi a sette giorni dal ricovero.
Un ulteriore dato significativo osservato è quello relativo alla riduzione del rischio di deterioramento del quadro respiratorio con necessità di trasferimento in terapia intensiva (ICU). Infatti, dopo 7 giorni di trattamento con SOC+OB il rischio di sviluppare l’insufficienza respiratoria severa con indicazione al trasferimento in ICU si riduceva di otto volte rispetto a quanto osservato nel gruppo di pazienti trattati con solo SOC. Infine, in linea con i dati di letalità registrati in Italia in quel periodo, nel gruppo che riceveva la SOC la letalità registrata è stata del 9,4% rispetto allo 0.0% registrato nel gruppo che veniva anche supplementato con OB.
I dati di questo studio rappresentano un significativo progresso nella coscienza della malattia da SARS-CoV-2. Evidenziano infatti che la supplementazione con una specifica formulazione batterica orale ha un potenziale impatto migliorativo sulle condizioni cliniche dei pazienti sintomatici e ospedalizzati.
Sottolineano inoltre la rilevanza fisiopatologica delle complesse interazioni che avvengono sull’asse intestino-polmone e l’importanza della correzione della disbiosi nei pazienti affetti da COVID-19 per prevenire l’evoluzione severa della malattia.