Gianluigi Giannelli
Resistenza farmacologica al Sorafenib attraverso degradazione di FAK in cellule di HCC
L’Epatocarcinoma (HCC) è il più frequente tumore maligno del fegato. Rappresenta la quinta neoplasia più frequente al mondo e la terza come causa di morte correlata al tumore. La prognosi e la sopravvivenza, a tutt’oggi, sono insoddisfacenti, principalmente a causa del fatto che soltanto una minoranza dei pazienti può usufruire delle terapie più efficaci: la chirurgia e/o il trapianto di fegato. Il Sorafenib, è al momento l’unico farmaco approvato in prima linea nel trattamento dei pazienti con HCC in stadio avanzato di malattia non più avviabili al trattamento chirurgico. Il Sorafenib inibisce la proliferazione delle cellule tumorali ed induce al tempo stesso la loro morte mediante apoptosi. Tuttavia questo trattamento farmacologico risulta efficace nell’allungare la sopravvivenza in circa un terzo dei casi, perché molti pazienti sviluppano resistenza al farmaco entro i primi sei mesi di terapia.
L’HCC si sviluppa e cresce in un microambiente particolarmente ricco di proteine della matrice extracellulare (ECM) e di cellule simili ai fibroblasti come conseguenza della sottostante malattia epatica cronica alla quale generalmente si associa. Le cellule di HCC per svilupparsi ed espandersi all’interno del fegato contraggono stretti rapporti anatomici e molecolari con i componenti (cellule, fattori di crescita, chemochine, etc) del circostante microambiente, tale interazione conferisce al tumore una minore o maggiore aggressività che di conseguenza si traduce clinicamente in una migliore o peggiore prognosi. In questo studio dimostriamo che una proteina ECM, prodotta dalle cellule simili ai fibroblasti, nota come Laminina-332 (Ln332) presente nel microambiente tumorale, Fig.1, antagonizza l’efficacia del Sorafenib. In particolare dimostriamo che la Ln332 protegge soltanto quelle cellule di HCC che esprimono sulla superficie cellulare il recettore integrinico a3b1 al quale si lega. In modelli sperimentali, dopo aver eliminato una metà del recettore, la subunità a3, mediante tecniche di biologia molecolare, la Ln332 perde la sua capacità di inibire l’efficacia terapeutica del Sorafenib.
Consistentemente, quelle cellule di HCC che non esprimono il recettore a3b1 acquisiscono resistenza al Sorafenib in presenza di Ln332 soltanto se sono state geneticamente ingegnerizzate ad esprimere elevati livelli del recettore a3b1. Inoltre, dimostriamo anche il meccanismo con il quale la Ln332 abroga l’effetto del Sorafenib.
Infatti, su cellule di HCC, il Sorafenib inattiva la via del segnale mediato dalla chinasi dell’adesione focale (FAK) e di Erk1/2, mentre la Ln332 li ripristina entrambi. Eliminando la via del segnale FAK ma non quella di Erk1/2 mediante tecniche di biologia molecolare, la Ln332 perde la sua capacità di annullare l’efficacia terapeutica del Sorafenib. Inoltre, dimostriamo che il Sorafenib inibisce l’attivazione della via del segnale FAK inducendone la sua degradazione, mentre la Ln332 promuove un meccanismo di fuga dalla degradazione. Per capire se questo meccanismo biologico possa avere luogo anche nei pazienti, abbiamo studiato l’espressione della Ln332 e del suo recettore a3b1 in tessuti provenienti da biopsie chirurgiche di 12 pazienti con HCC (Fig.2A). Dimostriamo che la Ln332 è prodotta da cellule simili ai fibroblasti presenti nel microambiente circostante, e che la Ln332 ed il suo recettore a3b1 erano entrambi espressi in 9/12 (75%) dei pazienti (Fig.2B). L’espressione della Ln332 e del recettore a3b1 era consistente in tutti i tessuti, ma quantitativamente diversa (misurata tramite colorazione con immunofluorescenza e quantificata mediante un appropriato software per analisi di immagini), e quantificata come bassa, media ed alta (Fig.3C). Questi dati suggeriscono che l’asse Ln332/a3b1 è espresso nella maggior parte dei pazienti con HCC con diversi livelli di espressione. In conclusione, questo studio svela un nuovo meccanismo di resistenza al Sorafenib, dipendente dall’asse α3β1/Ln-332 e che richiede la degradazione della via del segnale FAK (Fig.3). In particolare come mostra lo schema, il Sorafenib inibisce la crescita tumorale dell’HCC (Fig.3A), in presenza di Ln332 e del suo recettore a3b1 il Sorafenib perde la sua efficacia terapeutica (Fig.3B), tuttavia anche se Ln332 è presente, ma è assente il recettore, a3b1 (Fig.3C), il Sorafenib esercita la sua azione anti-tumorale. Questo studio aggiunge nuove conoscenze verso la personalizzazione della terapia in pazienti con HCC. L’applicazione di questa ricerca è quella di individuare in maniera più efficace
i pazienti che più verosimilmente si possono giovare di una terapia con Sorafenib, ritagliando la terapia in accordo con le caratteristiche molecolari di ciascun paziente.
Questo approccio potrebbe evitare trattamenti inutili, ottimizzando i costi e migliorando il governo clinico della terapia.