Laura Pandolfi
Nanomedicina: una promessa terapeutica per il rigetto cronico post-trapianto polmonare
La mia ricerca si svolge nel gruppo coordinato dalla Prof.ssa Meloni presso la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia e ha come scopo quello di sviluppare una nuova terapia inalabile basata sull’utilizzo di nanoparticelle per le fibrosi polmonari conseguenti a ripetuti insulti infiammatori e/o immunitari.
Nel lavoro presentato ci siamo focalizzati sul rigetto cronico post-trapianto polmonare, avendo come scopo quello di sviluppare un’opzione terapeutica per prevenire l’insorgenza o arrestare il decorso del rigetto cronico.
Il rigetto cronico può essere indotto da molteplici fattori (autoimmunità, infezioni, reflusso gastroesofageo etc.) che danneggiano l’epitelio bronchiale innescando una risposta infiammatoria. I fibroblasti, richiamati e attivati in miofibroblasti, tentano di riparare il danno all’epitelio, ma trovando un microambiente alterato proliferano incontrollatamente, deponendo anche un’esagerata quantità di matrice extracellulare. Questo processo genera tessuto non funzionale (“cicatrici” o lesioni fibrotiche) a livello bronchiale che determina una disfunzione dell’attività polmonare.
Attualmente, la mediana di sopravvivenza di un paziente che subisce un trapianto polmonare è di circa 6.2 anni e il rigetto cronico rappresenta la causa primaria di morte, con un incidenza del 10% entro l’anno e del 50% entro i 5 anni dal trapianto. Purtroppo, ad oggi, non esistono opzioni terapeutiche preventive o totalmente risolutive; per questo motivo, il nostro scopo è quello di trovare una soluzione terapeutica non invasiva per questi pazienti. La scelta di basare la futura terapia sulla nanomedicina si fonda sulle potenzialità dimostrate dalle nanoparticelle in ambito medico. In particolare, la capacità di veicolare alle sole cellule malate il farmaco, aumentandone l’efficacia terapeutica e la biodisponibilità, aprendo così la possibilità di somministrare farmaci o altre molecole mediante vie alternative alla via endovenosa. Nel caso di una patologia polmonare, come il rigetto cronico, la via di somministrazione migliore è certamente quella inalatoria. Tuttavia, non tutti i farmaci possono essere inalati, ed esempio quelli idrofobici e/o quelli potenzialmente tossici per l’epitelio polmonare.
Le nanoparticelle rappresentano, dunque, un approccio innovativo per poter veicolare farmaci mediante aerosol sviluppando così una terapia non-invasiva, per bersagliare in maniera diretta i miofibroblasti, le cellule che causano le lesioni fibrotiche, bloccandone la loro alterata attività.
Nel lavoro presentato sono state utilizzate nanoparticelle d’oro modificate in superficie con un anticorpo specifico per una proteina altamente espressa sulla superficie dei miofibroblasti, CD44, che non è espressa dalle cellule polmonari sane. Come farmaco è stato scelto Imatinib, un farmaco appartenente alla famiglia degli inibitori delle tirosin-chinasi, proteine coinvolte nella proliferazione cellulare, che si è dimostrato efficace in contesti fibrotici. Tuttavia, i pochi studi clinici effettuati su pazienti affetti da un altro tipo di fibrosi polmonare sono stati interrotti a causa degli effetti collaterali sistemici associati al farmaco. Per questo motivo è stato deciso di veicolare Imatinib mediante le nanoparticelle d’oro, per poterlo somministrare direttamente nel polmone e dirigere la sua azione solo ai miofibroblasti, riducendo così gli effetti collaterali sistemici.
Gli studi effettuati sui miofibroblasti polmonari isolati dal lavaggio broncoalveolare dei pazienti affetti da rigetto cronico post-trapianto hanno dimostrato che le nanoparticelle modificate con l’anticorpo anti-CD44 sono in grado di entrare solo nei miofibroblasti, ma non nelle cellule epiteliali sane che mancano di CD44. Una volta entrate nei miofibroblasti, le nanoparticelle sono in grado di rilasciare Imatinib all’interno delle cellule inducendone la morte. Per verificare la loro efficacia su un modello più vicino alla condizione clinica umana, le nanoparticelle sono state somministrate in modelli murini di rigetto cronico. Per mimare la condizione clinica un segmento di trachea è stato trapiantato eterotopicamente da un topo a un altro per indurre il rigetto; mentre, per mimare la somministrazione locale della terapia, le nanoparticelle sono state somministrate direttamente nel lume tracheale, mediante una pompa impiantata a livello sottocutaneo. I risultati ottenuti hanno dimostrato che la nostra terapia basata sulle nanoparticelle è in grado di ridurre significativamente l’insorgenza del rigetto della trachea trapiantata, riducendo anche l’infiltrazione delle cellule infiammatorie.
Questi risultati sono molto promettenti perché dimostrano che l’approccio nanotecnologico può essere preso in considerazione per sviluppare una terapia locale non invasiva che prevenga l’insorgenza di rigetto cronico nei pazienti che subiscono un trapianto polmonare, allungando l’aspettativa di vita del paziente.