Piera Tocci
Il complesso proteico b-arrestina1/YAP/mutata p53 guida il segnale dell’endotelina nel carcinoma ovarico
Il carcinoma ovarico, un tumore silente e difficile da diagnosticare precocemente, rappresenta la principale causa di morte per tumore ginecologico e la quinta per tumore nelle pazienti dei paesi sviluppati.
Questa patologia colpisce ogni anno circa 5.200 donne in Italia e poco meno di 300 mila nel mondo. La percentuale di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è circa del 40%. Il carcinoma ovarico sieroso di alto grado è il sottotipo più comune ed aggressivo, caratterizzato da un’alta frequenza di mutazione della proteina p53, e rappresenta circa l’80% dei carcinomi ovarici in stadio avanzato, spesso associati ad una prognosi infausta.
Una delle più grandi sfide nel trattamento di questa neoplasia è l’insorgenza di resistenza alla chemioterapia dovuta all’alterata comunicazione di segnali inter- ed intra-cellulari.
Lo studio condotto dalla Dr.ssa Piera Tocci presso l’IRCCS, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE) di Roma, nell’equipe di ricerca “Unità Modelli Preclinici e Nuovi Agenti Terapeutici” diretta dalla Dr.ssa Anna Bagnato, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “Nature Communications”, ha chiarito alcuni aspetti importanti della biologia di questo tumore, ed in particolare della sua capacità di metastatizzare e di resistere alla chemioterapia, per mettere a punto strategie terapeutiche mirate, per un tumore per cui mancano, ad oggi, bersagli terapeutici specifici.
In particolare, nei tumori sierosi di alto grado dell’ovaio è emerso che p53 mutata acquisisce la capacità di legare un’altra proteina, YAP, uno degli interruttori generali del cancro, stabilendo una “relazione pericolosa” che promuove la formazione di metastasi e l’instaurarsi della resistenza alla chemioterapia.
Al centro di questa liason è risultata essere determinante l’attivazione del recettore dell’endotelina, che sfrutta l’attività di trasduttore di segnali intracellulari della proteina partner β-arrestina.
Attraverso l’integrazione di diversi approcci sperimentali condotti in modelli preclinici avanzati su materiali patologici che derivano direttamente dalle pazienti, e che sono in grado di ricapitolare le caratteristiche molecolari e fenotipiche del tumore ovarico da cui derivano, è stato possibile dimostrare che le tre proteine β-arrestina, p53 mutata e YAP formano una piattaforma che coordina altri segnali e guida la trascrizione di geni che conferiscono alla cellule tumorali la capacità di dare origine alle metastasi e di evadere la risposta al farmaco chemioterapico di elezione nel trattamento del carcinoma ovarico, il cisplatino.
Affinché si attivi questo programma trascrizionale è fondamentale che le 3 proteine interagiscano fisicamente. Pertanto bloccare la loro interazione è di estrema importanza. Scoperta la catena di eventi responsabili dell’aggressività di questa neoplasia, lo studio si è quindi focalizzato sullo sviluppo di nuove terapie capaci di inattivare l’attività coordinata di β-arrestina, p53 mutata e YAP.
E’ così emerso che il Macitentan, un farmaco approvato nella pratica clinica per bloccare i recettori dell’endotelina in patologie non oncologiche, impedisce il legame tra le 3 proteine e inibisce la capacità invasiva delle cellule tumorali rendendole più vulnerabili alla chemioterapia.
Nel corso degli esperimenti condotti in modelli animali che hanno sviluppato tumori con le stesse caratteristiche molecolari delle pazienti, è stato possibile confermare che il Macitentan, riduce la formazione di metastasi aumentando la sensibilità delle cellule tumorali ai farmaci chemioterapici.
A riprova del ruolo chiave ricoperto dalla “relazione pericolosa” instauratasi tra le tre proteine, l’analisi di pazienti affette dal sottotipo sieroso di alto grado di tumore all’ovaio, ha fatto emergere che la contemporanea presenza del recettore dell’endotelina, della β-arrestina e di YAP è associata ad un peggior decorso della patologia.
Lo studio è stato condotto attraverso un approccio multi-disciplinare integrato combinando genomica, studi di interazione tra proteine, sviluppo avanzato di modelli preclinici e analisi dei dati.
I risultati raggiunti, che hanno portato all’identificazione di nuove vulnerabilità nelle cellule tumorali, potrebbero avere significative ricadute cliniche nello sviluppo di nuove strategie terapeutiche e prognostiche.