Carmela Rinaldi
Studenti sanitari e specializzandi in medicina come seconde vittime: uno studio trasversale
Un incidente relativo alla sicurezza del paziente (PSI) è definito come “un evento o una circostanza che avrebbe potuto comportare un danno a un paziente non legato alla sua condizione clinica”. Quando avviene un PSI la prima vittima è il paziente stesso, ma c’è anche una seconda vittima, che è l’operatore sanitario che ha causato l’evento. Il termine “seconda vittima” si riferisce agli operatori sanitari che rimangono traumatizzati dopo essere stati direttamente coinvolti in un PSI. Le seconde vittime possono infatti sperimentare vari sintomi psicofisici. Essere seconde vittime può scatenare risposte emotive disfunzionali, con un conseguente cambiamento nel comportamento lavorativo, portando a sintomi psicologici e psicosomatici come problemi di memoria, ansia, rabbia, rimpianti, rimorsi, senso di colpa e difficoltà del sonno. Il fenomeno è abbastanza diffuso: si stima che la metà di tutti gli operatori sanitari ospedalieri sarà una seconda vittima almeno una volta durante la carriera lavorativa. Recentemente, ulteriori studi hanno suggerito che i PSI possono verificarsi anche tra gli studenti delle professioni sanitarie. Pertanto, così come gli operatori sanitari, gli studenti e gli specializzandi medici rischiano di essere esposti sia direttamente sia indirettamente ai PSI durante la loro pratica clinica, e la mancanza di un supporto adeguato può avere un impatto dannoso sulla loro identità professionale, sui valori e sulle aspettative. Inoltre, comprendere le risposte fisiche e psicologiche degli studenti ai PSI può aumentare la consapevolezza e l’interesse per il fenomeno delle seconde vittime e può essere utilizzato per sviluppare capacità di gestione degli eventi stressanti, aiutando gli studenti ad adattarsi al campo clinico una volta diventati professionisti sanitari. Per queste ragioni, abbiamo condotto uno studio volto a descrivere la prevalenza di seconde vittime tra gli studenti italiani di infermieristica, di medicina e tra i medici specializzandi.
Sono stati invitati a partecipare allo studio 488 studenti dell’Università del Piemonte Orientale, di cui 387 hanno risposto al questionario online.
Il campione era composto dal 64,85% di donne con una diversa distribuzione tra studenti di infermieristica, specializzandi e studenti di medicina. L’età media complessiva era di 25,16 anni, i più giovani erano gli studenti di infermieristica con 23,09 anni. Dai risultati emerge che il 25,58% (99 persone) dei rispondenti sono stati coinvolti in un PSI durante la loro formazione. Di questi, il 62,63% (62 persone) ha manifestato sintomi tipici di una seconda vittima. Inoltre, 60 delle 99 persone hanno riferito che l’evento ha causato danni al paziente (60,61%). Le cause che hanno provocato i PSI, percepite dai partecipanti, sono state: la distrazione come principale causa, seguita da errori di procedura, supervisione insufficiente, elevata pressione lavorativa, errori di comunicazione, esperienza e conoscenza insufficienti. Le seconde vittime hanno riportato di aver sofferto di diversi sintomi a livello psicofisico e per una durata variabile nel tempo: il 38,38% ha manifestato almeno un sintomo duraturo (>1 mese) e il più frequente di questi è stato l’ipervigilanza (23,23%). Tra i sintomi temporanei, il più frequente è stato la sensazione di lavorare male (51,52%). La sensazione temporanea di lavorare male è inferiore tra gli studenti di medicina (24%) rispetto agli studenti di infermieristica (62,16%) e ai medici specializzandi (59,46%). Inoltre, nessuno degli studenti ha riferito di aver vissuto un senso di infelicità o depressione per più di un mese, a differenza degli specializzandi (10,81%). Le seconde vittime hanno parlato dell’evento con il tutor o supervisore, a volte con i colleghi, ma nessuno ne ha parlato con il paziente e i suoi parenti. Tuttavia, non si può dire che abbiano ricevuto un supporto strutturato. Studi precedenti hanno dimostrato che i professionisti sanitari divenuti seconde vittime hanno cambiato permanentemente il loro atteggiamento nei confronti del loro lavoro, ad esempio adottando pratiche di medicina difensiva che potrebbero costare fino al 10% della spesa sanitaria nazionale. Pertanto, non dare un supporto alle seconde vittime, anche a inizio carriera, potrebbe comportare spese molto elevate per i servizi sanitari nazionali. Questo studio è importante perché è il primo pubblicato in Italia che riporta i dati sulla presenza di seconde vittime tra gli studenti medici, specializzandi e delle professioni sanitarie e che ha evidenziato il rischio corso dagli studenti in ambito sanitario di diventare una seconda vittima, con un possibile impatto significativo sulla loro futura vita professionale e personale.
Pertanto, è fondamentale che si parli del fenomeno e che le istituzioni accademiche svolgano un ruolo più proattivo nel fornire supporto a coloro che sono coinvolti in un PSI e che divengono seconde vittime.