Ilaria Crespiatico
Mutazioni precoci di setbp1 causano una malattia mieloproliferativa con fibrosi del midollo osseo
Il lavoro di ricerca condotto dal gruppo di ricerca del Laboratorio di Oncologia Molecolare guidato dal Prof. Rocco Piazza e dal Prof. Luca Mologni dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con il reparto di Ematologia dell’IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza coordinato dal Prof. Carlo Gambacorti-Passerini, ha consentito di identificare mutazioni a carico del gene SETBP1 come responsabili di una leucemia molto aggressiva appartenente alla famiglia delle patologie mieloproliferative. I risultati di questo studio, condotto sotto il patrocinio della Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e sviluppato in collaborazione con il team di ricerca del San Raffaele coordinato dal Dott. A. Sessa, sono stati pubblicati sull’autorevole rivista internazionale “Blood”. Malgrado gli enormi sviluppi compiuti nel corso degli ultimi anni, ancora oggi esistono leucemie la cui origine non è completamente chiara. La mancanza di una conoscenza approfondita dei meccanismi molecolari di insorgenza di queste patologie impedisce lo sviluppo di approcci farmacologici razionali.
In passato, abbiamo identificato per la prima volta mutazioni a carico del gene SETBP1 in una patologia nota come Leucemia Mieloide Cronica Atipica, dimostrando come tali mutazioni si manifestassero soprattutto nelle fasi avanzate della malattia. Successivamente, le stesse mutazioni sono state riscontrate in altre neoplasie ematologiche, ci siamo quindi domandati cosa potesse spingere queste malattie in direzioni così diverse nonostante avessero in comune mutazioni dello stesso gene. Inoltre, dal momento che le mutazioni di SETBP1 intervengono spesso in combinazione con altre mutazioni somatiche, ci è parso plausibile che l’ordine in cui queste mutazioni avvengono possa avere un impatto sullo sviluppo delle neoplasie.
Il gene SETBP1 è deputato alla produzione di una proteina che ha due funzioni principali: la prima è quella di legare la proteina SET, questo legame particolarmente forte, impedisce a SET di bloccare PP2A un’altra proteina molto importante ad attività antitumorale. La seconda è un’attività più complessa, SETBP1 è infatti in grado di legare il DNA all’interno del nucleo e dirigere la trascrizione di specifici geni, determinando quindi l’attività della cellula e il suo destino.
Le mutazioni di SETBP1 ne alterano la funzione, e ne causano un accumulo all’interno della cellula, è stato dimostrato che questa alterata attività sia in grado di rendere “immortali” cellule staminali mieloidi di topo, le quali sono in grado di causare una neoplasia mieloide.
Ci siamo chiesti quale fosse il ruolo oncogenico di SETBP1, abbiamo creato un modello di topo che esprime la proteina SETBP1 mutata fin dai primi giorni della vita embrionale e abbiamo visto come i topi sviluppassero una neoplasia mieloide. Il numero dei globuli bianchi nel sangue eccedeva di molto i livelli normali, la milza e il fegato dei topi aumentavano molto le loro dimensioni e avevano al loro interno un gran numero di cellule mieloidi malate infiltrate, inoltre nel midollo osseo era evidente la deposizione di tessuto fibroso. Siamo riusciti anche a ricostruire in buona parte il meccanismo oncogenico responsabile dell’origine della malattia, che ha luogo a livello del midollo osseo nelle cellule staminali responsabili della produzione degli elementi corpuscolati del sangue (globuli bianchi, globuli rossi e piastrine), alterando i segnali che governano in modo regolato la loro produzione. Ciò determina in ultima analisi la crescita incontrollata di alcuni tipi di cellule, in particolare granulociti e monociti, a scapito di altri, come i linfociti, i globuli rossi e le piastrine.
Grazie ad una combinazione di tecniche avanzate di genomica e trascrittomica a singola cellula, siamo stati in grado di rilevare la presenza di mutazioni a carico di SETBP1 in pazienti affetti da una peculiare forma di leucemia mieloproliferativa tipicamente accompagnata da fibrosi midollare, molto simile al quadro clinico presentato dal nostro modello murino. Inoltre, grazie all’applicazione di una tecnica di analisi innovativa abbiamo scoperto come le mutazioni di SETBP1, responsabili della sua iper-attivazione, avvenissero nelle fasi più precoci della malattia. In aggiunta, i pazienti con SETBP1 mutato presentavano un quadro clinico peggiore e sopravvivenza inferiore rispetto a quelli che non l’avevano. Abbiamo quindi potuto concludere che la mielofibrosi primaria si può dividere in due sottocategorie: una SETBP1 positiva, molto aggressiva e una seconda SETBP1 negativa ad andamento indolente e con caratteristiche meno gravi. Le nostre scoperte ed in particolare la comprensione dei meccanismi molecolari alla base dell’insorgenza di questa forma di leucemia aprono finalmente il campo allo sviluppo di trattamenti farmacologici, attualmente inesistenti.