Leonardo Bencivenga
Biomarcatori di disfunzione mitocondriale e infiammazione negli anziani e variabilità della pressione arteriosa
Con l’invecchiamento, si verificano diverse alterazioni nei meccanismi neurocardiovascolari dell’organismo che inducono una compromissione dei modelli omeostatici fisiologici, come quelli implicati nella regolazione della pressione arteriosa. È noto che i valori della pressione arteriosa fluttuano nel tempo, a causa delle interazioni tra fattori di stress esterni, risposta cardiovascolare e modulazione ormonale, il cui equilibrio diventa meno stabile negli anziani. Diversi studi hanno dimostrato che una eccessiva variabilità della pressione arteriosa (Blood Pressure Variability, BPV) si associa a diversi esiti negativi tipici della tarda età, tra cui eventi cardiovascolari, alterazioni cognitive e aumento del rischio di demenza, oltre alle tipiche condizioni geriatriche.
La maggior parte dei meccanismi fisiopatologici alla base di una BPV più elevata è implicata nel processo di invecchiamento e si associa ai cosiddetti “hallmarks” dell’invecchiamento.
L’infiammazione cronica di basso grado che si verifica in tarda età, nota come “inflammaging”, è uno degli hallmarks più studiati e svolge un ruolo fondamentale nel processo di invecchiamento vascolare e nell’aumento del rischio cardiovascolare negli anziani. Gli sforzi per caratterizzare questo processo nell’uomo si sono concentrati su diverse molecole infiammatorie, tra cui Interleuchina 6 (IL-6) e Tumor Necrosis Factor (TNF) sono le più ampiamente studiate. Un altro importante pilastro dell’invecchiamento è rappresentato dalla “disfunzione mitocondriale”, associata al rischio di malattie cardiovascolari, con maggiore espressione di molecole indotte dallo stress come il Growth/Differentiation Factor 15 (GDF-15).
L’ipotesi della ricerca è che gli hallmarks disfunzione mitocondriale e infiammaging siano alla base della aumentata BPV negli anziani, costituendo un possibile epifenomeno del processo di invecchiamento. Per questo, è stata studiata l’associazione tra diversi biomarcatori associati all’invecchiamento (GDF-15, IL-6 e recettore del TNF) e la BPV in una popolazione di anziani residenti in comunità, a Tolosa, in Francia, arruolati nello studio Multidomain Alzheimer’s Preventive Trial (MAPT). La popolazione dello studio era composta da 1.096 partecipanti che vivevano in comunità, con età media di 75 anni, prevalentemente di sesso femminile (63,7%).
È stato raccolto all’arruolamento un campione di sangue e per calcolare la BPV sono state utilizzate formule complesse validate, sulla base di sette misurazioni in un periodo di 4 anni. I risultati hanno dimostrato che valori più elevati di GDF-15 sono significativamente associati ad un aumento della BPV mentre non è stata trovata alcuna relazione significativa con BPV per IL-6 e recettore del TNF. Considerando la aumentata BPV come epifenomeno delle alterazioni che possono anticipare l’insorgenza di reazioni sistemiche più gravi, come l’infiammazione, risulta particolarmente interessante la teoria secondo la quale GDF-15 sia implicato nel contesto dei meccanismi di omeostasi dell’organismo. L’incremento dei livelli circolanti di questa molecola rappresenterebbe l’attività dell’organismo che promuove la risposta all’ambiente avverso, agli stimoli stressanti e fornisce protezione ai tessuti dall’attivazione dei meccanismi difensivi infiammatori, che potrebbero generare danno se cronicamente funzionanti. In questo processo dinamico, GDF-15 costituirebbe un modulatore chiave per la protezione dei tessuti contro l’attivazione infiammatoria prolungata e il danno cellulare. L’affascinante teoria della “mitormesi” prevede l’attivazione di vie di segnalazione citoprotettive nella risposta adattativa a stimoli di lieve entità ripetuti, che induce una maggiore resistenza allo stress. Sebbene il suo ruolo non sia completamente definito, GDF-15 contribuisce a questo meccanismo, determinando effetti metabolici positivi sistemici, ad esempio nel ruolo protettivo sull’omeostasi del glucosio. Nel complesso, estendendo questa teoria allo studio in oggetto, la sovraespressione di GDF15, biomarcatore della disfunzione mitocondriale, può costituire una reazione adattativa allo stress e la risposta dell’organismo per contrastare il danno tissutale e gli stimoli proinfiammatori associati all’invecchiamento e all’hallmark inflammaging, rappresentati da IL-6 e recettore del TNF. Valori basali più elevati di GDF-15, rilevati nel presente studio nei pazienti a più elevata fluttuazione dei valori di pressione arteriosa, potrebbero essere intesi come un tentativo precoce di preservare l’omeostasi cardiovascolare alterata, indicata da un aumento della BPV, e potrebbero prevenire, almeno inizialmente
l’infiammazione. I risultati della ricerca supportano dunque il processo di disfunzione mitocondriale correlato all’età quale attività alla base dell’instabilità della pressione arteriosa, fornendo ulteriori prove sul fatto che la maggiore BPV potrebbe costituire un potenziale indicatore clinico di invecchiamento.