Luigi Montano
Evidenza di microplastiche nel seme umano mediante microspettroscopia raman
L’ubiquitarietà della plastica nell’ambiente è oramai un’emergenza che riguarda ogni continente, addirittura i materiali plastici si ritrovano a far parte della stessa struttura geologica, tanto che il termine “Plasticene” definisce proprio questa condizione (Rangel-Buitrago et al.2023). Lo stesso clima può essere influenzato dalla plastica considerando che dalla degradazione della plastica vengono emessi gas serra altamente climalteranti come il metano e l’etilene. Dai processi di deterioramento della plastica si formano poi le microplastiche, particelle di plastica di dimensioni comprese tra 1 e 5000 micrometri (1 milionesimo di metro), grandi come i batteri e su scala ancora più piccola le Nanoplastiche che per le loro dimensioni inferiori ad 1 micrometro penetrano ancora più profondamente dappertutto. Possono avere forme differenti (fibre, frammenti, sfere, perline, pellicole, scaglie, pellet e schiuma) e colori diversi a seconda della forma originale delle grandi plastiche da cui derivano e per queste chiamate microplastiche secondarie, mentre quelle primarie sono appositamente prodotte dall’uomo sia per le loro proprietà abrasive sia per migliorare la stabilità di alcuni prodotti, potendole quindi ritrovare all’interno di cosmetici, dentifrici, prodotti per la casa, detergenti, vernici.
Le microplastiche entrano principalmente nel corpo umano attraverso l’ingestione di cibo, acqua e altre bevande e per inalazione, ma anche il contatto diretto con la pelle, come per esempio attraverso i cosmetici.
Sono state ritrovate in diversi tessuti umani, inclusi capelli, polmoni, reni, fegato, milza, meconio, placenta, nei fluidi corporei come saliva, latte materno, sangue (Leslie HA et al.2022). Nell’ambito del progetto di ricerca EcoFoodFertility (www.ecofoodfertility.it), uno studio multicentrico di biomonitoraggio umano che valuta la presenza di contaminanti ed i loro effetti sulla salute riproduttiva, nell’ambito di una linea esplorativa per la ricerca di microplastiche, per la prima volta sono state ritrovate nelle urine. Sette frammenti di materiale polimerico, delle dimensioni tra i 7 e i 15 micron, di cui due in campioni femminili e gli altri in campioni maschili, ipotizzando come via di ingresso la via peritubulare renale, più che transglomerulare data la maggiore selettività della membrana glomerulare (Pironti et al. 2023). Sempre nell’ambito del progetto ecofoodfertility sono state ritrovate nello sperma umano di 6 ragazzi su 10 residenti in Campania (Montano et al. 2023). In questo
caso i frammenti di microplastiche erano 16, con dimensioni da 2 a 6 micron, appartenenti alle seguenti tipologie: polipropilene (PP), polietilene (PE), polietilene tereftalato (PET), polistirene (PS), polivinilcloruro (PVC), policarbonato (PC), poliossimetilene (POM) e materiale acrilico. Le vie più probabili di passaggio al seme umano sembrerebbero avvenire dall’epididimo e dalle vescicole seminali, strutture più facilmente suscettibili a processi infiammatori che possono favorire la maggiore permeabilità, ma anche per alterazioni importanti della barriera ematotesticolare.
In questo studio si è anche notato una presenza maggiore di microplastiche in relazione alla più scarsa qualità seminale. È, infatti, in corso l’allargamento del reclutamento per approfondimenti proprio sugli effetti delle plastiche e dei suoi derivati. Questo perchè le stesse microplastiche fanno da cavallo di Troia per altri tipi di contaminanti ambientali (diossine, policlorobifenili, ftalati, bisfenoli, metalli pesanti) che legandosi ad esse procurano ulteriori danni all’interno agli organi riproduttivi, particolarmente sensibili agli inquinanti chimici.
Al momento gli effetti delle microplastiche e nanoplastiche sono stati studiati su cellule in coltura, su pesci e topi dimostrando di indurre, stress ossidativo, processi infiammatori ed altri danni su funzioni cellulari.
Sta di fatto che il ritrovamento di queste microparticelle di plastica, in una matrice così sensibile per la conservazione e l’integrità del nostro patrimonio trasmissibile, non è certo una bella notizia in particolare per un “maschio in declino” dove più studi negli ultimi decenni ed in particolare una recente metanalisi riporta tra il 1973 e il 2018, una riduzione del 51.6% del numero degli spermatozoi a livello globale (Levine et al. 2022) con un’accelerazione del fenomeno negli ultimi 20 anni. Di recente il gruppo di ricerca EcoFoodFertility ha pubblicato in preprint un lavoro che ha dimostrato la presenza di microplastiche al di sotto di 10 micron anche nei fluidi follicolari di 14 donne su 18 sottoposte a cicli di fecondazione assistita. In questo scenario, l’invasione sempre più documentata anche delle sostanze plastiche, i danni riproduttivi documentati in modelli animali (pesci e topi) e la facile riproducibilità degli stessi all’uomo, configurano una minaccia importante per la specie umana.