Paola Zanetta
Il surnatante di lactobacillus johnsonii ljo02 e la vitamina d migliorano la guarigione di ferite in cellule umane infettate con staphylococcus aureus
Ultimamente si sente spesso parlare del legame tra il microbiota umano, l’insieme di microorganismi che popolano il nostro corpo, e la salute dell’individuo che lo ospita, sia essa sistemica o specifica di un determinato distretto corporeo, come ad esempio l’intestino o la cute. In particolare, si parla sempre di più di come sia importante che il nostro microbiota sia in eubiosi, ovvero che venga mantenuto un equilibrio sia qualitativo, tra tutte le specie di batteri, virus, funghi e archea che lo compongono, che quantitativo rispetto ad una singola specie. Le alterazioni a livello di composizione del microbiota, infatti, possono portare ad alterate risposte del nostro organismo, come ad esempio la risposta immunitaria e infiammatoria, e favorire l’insorgenza di patologie o infezioni in grado di cronicizzare nel tempo. In questo studio, ci siamo focalizzati su uno dei tanti distretti corporei la cui salute è strettamente legata al microbiota, nonché l’organo più esteso del nostro corpo: la pelle.
Ci sono molte evidenze scientifiche, infatti, che mostrano come una disbiosi del microbiota cutaneo sia correlata ad una alterazione della risposta immunitaria e allo sviluppo di patologie cutanee. In particolare, ci siamo concentrati su un batterio, lo Staphylococcus aureus, che può essere presente sulla nostra pelle in condizioni normali ma che, in caso di disbiosi, può aumentare significativamente di numero portando all’insorgenza di infezioni endogene.
Questa situazione pone le basi per lo sviluppo successivo di patologie cutanee come la dermatite atopica, la psoriasi, l’acne e la cronicizzazione di ferite, tutte sostenute anche dalla sottostante cronicizzazione dell’infiammazione.
È proprio in circa il 25% delle ferite cutanee infette sono state isolate specie di Stafilococchi in grado di formare biofilm, una vera e propria super-struttura di batteri molto difficile da debellare e resistente ai più comuni trattamenti, come la meticillina, un antibiotico. Questo mette in luce un altro problema dei nostri giorni: il fenomeno dell’antibiotico resistenza, ovvero l’insorgenza di ceppi patogeni che, man mano che subiscono l’esposizione ad un antibiotico, mettono in atto dei meccanismi per poter sopravvivere e diventare, appunto, resistenti. Per questo motivo è molto importante fare ricerca per capire come contenere in modo efficace questo tipo di infezioni, cercando di ripristinare l’eubiosi del nostro microbiota. Un aiuto importante può arrivare dai probiotici, batteri in grado di tenere sotto controllo la composizione del nostro microbiota, e dai loro metaboliti, o postbiotici, così come da micronutrienti, quali le vitamine, in grado sia di supportare i probiotici e il nostro microbiota che i meccanismi biologici del nostro organismo. Il nostro gruppo, nello specifico, ha valutato la capacità del probiotico Lactobacillus johnsonii LJO02 di contenere l’infezione di un ceppo di S. aureus resistente alla meticillina in un modello di ferita cutanea infetta. Questo è stato possibile attraverso l’impiego del suo surnatante, contenente postbiotici, e, in aggiunta, della vitamina D, utilizzati sia come singoli trattamenti che in combinazione. In particolare, dei cheratinociti cutanei umani sono stati infettati dal patogeno S. aureus meticillino-resistente e trattati con il surnatante del probiotico e la vitamina D: dopo 4 ore la vitalità delle cellule e la produzione di interleuchina (IL)-6, utilizzata come marcatore di infiammazione, sono state valutate. Inoltre, gli stessi trattamenti sono stati effettuati su un modello di ferita in vitro, utilizzando il medesimo tipo cellulare infettato da S. aureus e valutando la percentuale di rimarginazione della ferita dopo 24 ore. Le nostre analisi hanno mostrato come il surnatante del probiotico e la vitamina D promuovano singolarmente la vitalità delle cellule infette e riducano significativamente la produzione di IL-6 e, quindi, l’infiammazione indotta dall’infezione. Inoltre anche la percentuale di rimarginazione della ferita infetta a 24 ore è significativamente aumentata in presenza dei trattamenti. Singolarmente, gli effetti registrati dall’impiego del surnatante del probiotico e della vitamina D sono comparabili, fatta eccezione per un miglior risultato nell’utilizzo della vitamina D nella riduzione della produzione di IL-6 dovuta all’infezione. In combinazione, il surnatante di L. johnsonii LJO02 e la vitamina D non hanno mostrato un effetto sinergistico tra loro. In particolare, l’aggiunta di vitamina D non ha migliorato l’effetto registrato con l’utilizzo del solo surnatante del probiotico.
Nonostante ciò, una supplementazione di probiotici o vitamina D può rappresentare una strategia utile per l’attenuazione della patogenesi indotta da S. aureus, promuovendo la rimarginazione delle ferite infette e aprendo le porte a nuove strategie in supporto agli approcci convenzionali, soprattutto per quanto concerne il ripristino dell’eubiosi del microbiota cutaneo.