Raffaele Palmieri
Criteri ferrara per la previsione della mortalità dopo chemioterapia negli adulti affetti da neoplasie mieloidi
Il processo decisionale atto ad impostare una terapia quanto più appropriata e mirata sulla base delle caratteristiche del singolo individuo è possibile attraverso la valutazione del fitness, un insieme di parametri che definisce l’idoneità del paziente ad uno specifico trattamento. Nei pazienti affetti da Leucemia Acuta Mieloide (AML), una precisa valutazione del livello di fitness rappresenta un passaggio critico nel processo decisionale terapeutico.
A tale scopo sono sono stati messi a punto numerosi modelli, definiti anche score, che combinano molteplici aspetti clinici in maniera variabile tra loro. Tra gli score disponibili più utilizzati figurano quelli redatti nel 2013 da un panel di esperti appartenenti alle tre maggiori Società Italiane di Ematologia (Società Italiana di Ematologia [SIE], dalla Società Italiana di Ematologia Sperimentale [SIES] e dal Gruppo Italiano per il trapianto di midollo osseo [GITMO]). Gli esperti hanno inizialmente selezionato 24 criteri da utilizzare nel processo di assegnazione del trattamento nei pazienti affetti da AML. Sono state poi dunque elaborate due liste di criteri operativi da includere nelle definizioni di unfitness a terapia intensiva e non intensiva, anche detti “criteri di Ferrara”. [Figura 1]
Questi criteri, mediante un’analisi combinata di fattori clinici quali età, comorbidità e Performance status permettono di identificare tre categorie di fitness, alle quali corrispondono altrettante categorie di trattamento:
• Pazienti fit, per i quali è possibile l’erogazione di un trattamento chemioterapico intensivo volto all’ottenimento della remissione completa (CR);
• Pazienti unfit, che possono beneficiare di un approccio chemioterapico non intensivo con lo scopo quello di modificare la storia naturale della malattia, ma antepone all’eradicazione della stessa un prolungamento della sopravvivenza;
• Pazienti frail, per i quali l’unico approccio disponibile è di tipo conservativo, mediante una terapia di supporto atta a migliorare la qualità della vita del paziente.
Nello studio in oggetto abbiamo valutato la validità di tali criteri in una coorte composta da 703 pazienti affetti da AML o altre forme di neoplasie mieloidi ad alto grado sottoposti a chemioterapia intensiva presso il Fred Hutchinson Cancer Research Institute (Seattle). L’obiettivo dello studio era quello di predire la mortalità precoce e sopravvivenza globale delle varie categorie di pazienti (fit e unfit), confrontando i dati con quelli ricavati di un altro fitness score già ampiamente validato in altri studi condotti presso il centro (TRM score). Questo score include parametri clinici (sesso, età alla diagnosi, etnia, PS, creatinina, bilirubina, LDH, albumina, conta piastrinica e leucocitaria, percentuale di blasti, valore di emoglobina, fibrinogeno) e biologici (sottotipo di AML e rischio citogenetico), con lo scopo di stimare la probabilità di morte a 28 giorni dalla somministrazione di chemioterapia intensiva. Abbiamo categorizzato la coorte di studio in due gruppi di pazienti: unfit, in caso di venissero soddisfatti uno o più criteri di unfitness a chemioterapia intensiva; fit, in caso non venisse soddisfatto alcun criterio di unfitness a chemioterapia intensiva. Dall’applicazione retrospettiva dei criteri di Ferrara, 458 pazienti (65%) sono risultati fit, 197 (27%) unfit e 48 non classificabili. Applicando invece il TRM score, 571 (81%) sono stati classificati come fit e 71 (10%) come unfit. Tutti pazienti sono stati sottoposti a chemioterapia d’induzione secondo schema “7+3” o protocolli a base di Cladribina, fattori di crescita stimolanti le colonie granulocitarie (G-CSF), citarabina ad alte dosi e Mitoxantrone (regime G-CLAM). Nelle due categorie di pazienti (fit ed unfit) sono stati riscontrati tassi di mortalità a 28 e 100 giorni dall’inizio della terapia rispettivamente di: – 14% e 42% per i pazienti unfit; – 2% e 5% per i pazienti fit; con una sopravvivenza mediana di 36.8 mesi nei pazienti fit e di 4.8 mesi nei pazienti unfit.
Allo stesso modo, i pazienti con un punteggio TRM basso (<13.1) differivano da quelli con un punteggio TRM alto (>13.1), con una OS mediana significativamente più breve per i pazienti con TRM alto (3.6 mesi) rispetto alla controparte di soggetti caratterizzati da un TRM più basso (18.4 mesi) [p< 0,001]. Combinando i due score è stato possibile identificare 398 pazienti definiti “very fit” (fit secondo SIE/SIES/GITMO e con TRM <13.1) e 52 “very unfit” (unfit secondo SIE/SIES/GITMO e con TRM ≥ 13.1); la prognosi di tali pazienti si discosta notevolmente dai dati ottenuti in precedenza nel caso dei very unfit, con una sopravvivenza mediana di 2.6 mesi, mentre per i very fit si attesta intorno ai 36.9 mesi. I pazienti con risultati discordanti tra i due sistemi classificativi si sono caratterizzati per una prognosi intermedia, con una OS di 30.7 mesi per i pazienti fit con TRM elevato, e di 6.2 mesi per i pazienti unfit con basso TRM. [Figura 2]