Sara Pelucchi
Una forma di iperferritinemia ereditaria associata a varianti patogene bi-alleliche di stab1
La ferritina è una proteina del sangue che contiene ferro. Se i livelli di ferritina sono più alti del normale (iperferritinemia), ciò è dovuto in genere a condizioni genetiche o acquisite che causano un sovraccarico di ferro.
Tuttavia, altre condizioni possono aumentare i livelli di ferritina in modo sproporzionato rispetto alle riserve fisiologiche di ferro. Tra le forme ereditarie di sovraccarico sistemico quella più nota è l’Emocromatosi Ereditaria, la cui forma genetica più conosciuta e diffusa è causata da mutazioni del gene HFE; secondo il database GnomAD, l’allele che causa la mutazione più frequente in Europa (p.Cys282Tyr) ha una frequenza del 7% nella popolazione caucasica. Accanto a questa, esistono altre forme di iperferritinemia, con o senza cataratta, dovute a mutazioni di regioni diverse del gene della ferritina L. Le forme acquisite invece sono numerose e comprendono le alterazioni metaboliche (sovrappeso, dislipidemia, fegato grasso), gli stati infiammatori, le malattie epatiche, l’elevato introito alcolico e l’ipertiroidismo. L’iperferritinemia è una condizione frequente nella pratica clinica e spesso richiede un’approfondita indagine diagnostica che rende gli sforzi per la ricerca delle cause, in termini economici e di tempo, estremamente impegnativi. La strategia diagnostica per svelare le cause dell’iperferritinemia comprende l’anamnesi familiare e personale, i test biochimici e genetici, e la valutazione del ferro epatico con metodi diretti (biopsia) o indiretti (risonanza magnetica). Nonostante questo approccio complesso e lungo, spesso l’eziologia precisa rimane elusiva.
Nel 2017 il nostro gruppo di ricerca ha osservato e descritto, per la prima volta, un’inspiegabile forma di iperferritinemia senza sovraccarico di ferro in 12 soggetti italiani appartenenti a 8 famiglie. Questi soggetti avevano un introito alcolico nella norma, la saturazione della transferrina era inferiore a 45%, i parametri biochimici (emocromo, enzimi epatici, indici metabolici e infiammatori) erano normali ma soprattutto non c’erano segni di ferro tissutale quantificato tramite risonanza magnetica. All’epoca non era noto se e quale fosse il gene implicato anche se, osservando la segregazione della patologia (cioè come la malattia si distribuiva all’interno di ogni famiglia), si ipotizzava una forma autosomica recessiva. A distanza di anni, è stato quindi eseguito il sequenziamento dell’intero esoma (una tecnica per identificare le varianti genetiche nelle regioni codificanti di tutti i geni espressi nel genoma che codificano per le proteine) sul DNA di questi pazienti. Attraverso un approccio combinato di questo sequenziamento e mappatura dell’omozigosi, abbiamo trovato varianti bi-alleliche di STAB1, individuandolo come gene responsabile di questa condizione.
STAB1 codifica per la Stabilina-1, una proteina enigmatica per lo più studiata in ambito oncologico considerata come recettore “spazzino” multifunzionale, la cui implicazione nel metabolismo della ferritina non è mai stata descritta ed associata prima. Le evidenze a sostegno del ruolo patogenetico delle varianti di STAB1 identificate e della loro relazione con l’iperferritinemia nei soggetti studiati sono: la co-segregazione di varianti bi-alleliche in tre famiglie distinte; le varianti nonsenso altamente deleterie (codificanti per un codone di stop prematuro che porta a un troncamento della proteina); le varianti mononucleotidiche e le piccole delezioni estremamente rare che interessano aminoacidi altamente conservati in tutte le specie di mammiferi. Abbiamo quindi eseguito ulteriori approfondimenti per validare i risultati genetici; in particolare abbiamo eseguito un saggio di immunoistochimica, andando a localizzare la proteina Stab1 nel tessuto dei pazienti mutati. Grazie a questi esperimenti, eseguiti su biopsie epatiche di alcuni pazienti che si erano sottoposti a scopo diagnostico, abbiamo osservato la completa assenza della proteina nel fegato di questi soggetti. Abbiamo inoltre isolato, tramite gradiente di Ficoll, i linfomonociti (cioè la componente cellulare nucleata) da prelievi di sangue periferico da cui abbiamo selezionato, mediante arricchimento magnetico, i monociti CD14+ che abbiamo in seguito differenziato in macrofagi. Sia le cellule primarie che quelle differenziate presentavano livelli bassi o assenti di Stab1. Le osservazioni attuali suggeriscono che le mutazioni di STAB1 non portano a manifestazioni cliniche diverse dalla ferritina alta, poiché tutti i pazienti studiati sono sani e non hanno manifestato altre patologie ferro-correlate nel corso del loro follow-up. Attualmente sono in corso ulteriori studi per definire la frequenza con cui queste mutazioni a carico di STAB1 si presentano nei soggetti con iperferritinemia ed ulteriori esperimenti per comprendere il ruolo della proteina nel metabolismo della ferritina ma ora possono avere una spiegazione genetica per la propria condizione.